giovedì 22 gennaio 2009

We believe in

Our challenges may be new. The instruments with which we meet them may be new. But those values upon which our success depends - hard work and honesty, courage and fair play, tolerance and curiosity, loyalty and patriotism - these things are old. These things are true. They have been the quiet force of progress throughout our history. What is demanded then is a return to these truths.
What is required of us now is a new era of responsibility - a recognition, on the part of every American, that we have duties to ourselves, our nation, and the world, duties that we do not grudgingly accept but rather seize gladly, firm in the knowledge that there is nothing so satisfying to the spirit, so defining of our character, than giving our all to a difficult task.

B.O.

Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo - il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono antiche. Queste cose sono vere.Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità - un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.
Italia voti bassi nella lotta al clima
Solo 44esimi nella classifica del Rapporto internazionale sul Climate Change Performance Index
Italia in caduta libera nella lotta ai cambiamenti climatici secondo quanto emerge dell’ultima uscita del


Climate Change Performance Index: 44esima su 57 paesi.
L’indice elaborato da German Watch riguarda i 57 paesi industrializzati ed emergenti responsabili del 90% delle emissioni mondiali e li classifica rispetto ai seguenti parametri:1) i loro interventi per la riduzione dei gas serra (20%), 2) gli attuali livelli di emissione (30% del peso complessivo),3) i trend di emissione (50%) e le politiche climatiche (20%).

Il nostro paese già nel 2007 si piazzava solo al 41 esimo posto e nel 2008 siamo riusciti a fare anche peggio. Siamo più bravi solo di Cina e Polonia che hanno performance molto negative come anche il Giappone.

Legambiente, che ha collaborato al Rapporto per la valutazione dell’Italia, sostiene che "a salvare l’Italia dagli ultimissimi posti della classifica, le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l’efficienza energetica. Misure che paradossalmente sono proprio quelle finite nel mirino dell’attuale governo". (Che il Governo voleva togliere e poi è stato costretto a lasciare come erano per la levata di scudi di imprese, associazioni di categoria e privati cittadini e delle opposizioni!)

Nelle prime posizioni si trovano invece Svezia, Germania e Francia e subito dopo, a sorpresa, due paesi in via di sviluppo come India e Brasile.

(Fonte: OsservatorioKyoto)

martedì 20 gennaio 2009

Ancora 486 buoni motivi

Ancora 486 buoni motivi per andare avanti sulla strada della chiarezza, dell'innovazione e, se possibile, laddove possibile, del cambiamento.

Ieri sera 486 Sangimignanesi tra soci fondatori del pd e iscritti (sui 900 aventi diritto, più del 51%) sono usciti di casa dopo cena per partecipare ad una delle 8 assemblee di circolo sparse per frazioni e quartieri si San Gimignano.
Lo hanno fatto per esprimere una indicazione sul nostro candidato sindaco alla Primarie di coalizione (dato che abbiamo deciso con gli alleati non solo di andare insieme alle prossime elezioni, ma di scegliere il candidato della coalizione con le primarie - ce le ha chieste sinistra democratica per la precisione- e noi di andarci con un solo nostro rappresentante. Scelto democraticamente e responsabilmente evitando così i pessimi esempi di altre realtà come Firenze. Dove peraltro la poltiica sembra entrarci poco e purtroppo l'idea che passa è quella della guerra tra bande...).

La partecipazione locale mi ha impressionato.
Non me l'aspettavo, anche se mi aspettavo qualche sorpresa, lo ammetto. E quando ci sono di mezzo i Sangimignanensi le sorprese sono sempre dietro l'angolo. Non lo dico io, lo dice la nostra storia e in molti campi della vita umana.
Qualcuno diceva che 300 (cioè un terzo, era già un successo..). E probabilmente era pure vero per un freddo dopoecena di un lunedì di gennaio.
Siamo andati bene oltre.
Ne sono felice.

Ho lavorato in queste settimane (mesi forse..) proprio per questo. Insieme a tanti che credono in ciò che fanno e costruendo un messaggio nuovo.
Per selezionare il nostro candidato abbiamo fatto un percorso innovativo, con le bontà e i difetti che ogni novità si porta con sè.
Potevamo scegliere in 70 (solo in assemblea comunale), era legittimo ma non lo abbiamo fatto. Abbiamo invece fissato lì dei criteri, abbiamo fatto delle scelte, assumendoci lì una responsabilità politica ma abbiamo allargato la partecipazione a chi più di altri ha creduto in questi mesi al progetto PD.
La scelta di non aver fatto rose chiuse su cui esprimersi e di far indicare dai circoli, dal basso, i nominativi, la rivendico con forza e non ci dobbiamo pentire.
Semmai, se in futuro replicheremo questa modalità occorrerà, soprattutto nelle frazioni, una maggiore informazione preventiva per evitare che la partecipazione sia scarsamente informata e consaspevole.

I 486 democratici hanno dato una indicazione piuttosto chiara.
Dimostrando di aver raccolto il nostro messaggio di apertura.
E dando un segnale di vitalità del partito non banale per i tempi che corrono.
E' un messaggio, di forza e di positività, anche per i nostri alleati.

Il 62% ha scelto Giacomo, come era nella logica delle cose per una serie di fattori lunghissimi.
Mi ha sorpreso sinceramente il 15% (69 indicazioni) di partecipanti che ha scelto in seconda battuta il sottoscritto.
Insomma: l'indicazione è stata più che chiara e avendo Giacomo tutti i requisiti stabiliti dall'Assemblea credo che non ci saranno dubbi martedì prossimo (in assemblea comunale appunto) su chi dovrà rappresentare il Pd alle primarie di coalizione.
Sono contento per lui. Era la scelta più logica e credo sia più che meritata, conquistata con anni di impegno e di lavoro.

Personalmente, dicevo, sono rimasto sorpreso delle mie indicazioni.
Ringrazio onestamete tutte coloro e tutti coloro che hanno creduto alla possibilità che io potessi concorrere ad un ruolo così importante e difficile. Grazie davvero. Tuttavia credo che il mio lavoro sia da fare altrove in questo momento.
Ma, se devo essere sincero sino in fondo, ciò che mi ha più fatto piacere è stato il fatto di aver ricevuto indicazioni in ognuno degli 8 circoli sparsi sul territorio. Questo mi gratifica di tanto lavoro fatto in questi mesi (direi dal 3 luglio 2007, quando sotto le logge del treatro lanciammo l'idea del PD a San Gimignano). Non tanto, anche qui, per una vanteria personale ma per un ragionamento politico. E' il segno che stiamo seminando qualcosa. Sono contento e non dobbiamo fermarci qui: per il PD a San Gimignano (che fin da subito abbiamo voluto diverso da quei partiti che consocevamo), per la politica che ha bisogno di persone che la amano per riconquistarsi credibilità e fiducia, anche qui a San Gimignano, per questa nostra città, per quei ragazzi e ragazze che guardano a noi come interlocutori seri. E perchè credo che una comunità si tenga insieme anche così.

Credo che il dato positivo della massicica partecipazione di ieri possa essere considerato l'ultimo atto della fase fondativa del PD a San Gimignano. Iniziata con i 1600 votanti alle primarie del 14.10.2007, con i 900 soci fondatori, con la costruzione dei Circoli, i coordinamenti, i Coordinatori di Circolo che ringrazio per tutta la collaborazione l'impegno, l'assemblea comunale, l'elezione del segretario, l'esecutivo, i già oltre 400 iscritti del 2008 e le tante battaglie politiche portate avanti nel nostro piccolo, sempre con la sana ansia di far conoscere ciò che facevamo, renderlo trasparente e pubblico, comprensibile ai cittadini mentre stavamo tra di loro.

La risposta dei nostri soci fondatori e iscritti è stata positiva. Molto più di quanto speravamo. Segno che il lavoro, l'impegno e i messaggi chiari pagano.
C'è tanto lavoro da fare ancora, forse adesso quello più difficle.
Abbiamo un candidato a Sindaco. C'è bisogno ora di costruire un un programma per il bene di San Gimignano, toccata anch'essa dalla crisi. C'è bisogno di pensare ad una nuova generazione che si affacci alla politica cittadina. C'è bisogno di continuare nel partito e con il pd quel cammino di innovazione e di cambiamento possibile che dal 14 ottobre 2007 in poi i Sangimignanesi ci hanno chiesto.
E quando l'abbiamo fatto, a tutti i livelli, le persone ci hanno dato fiducia.
Quando non l'abbiamo fatto ci hanno voltato le spalle. Sarà sempre di più così.
Noi garantiamo fin da adesso tutto il nostro impegno. Ci diamo da fare per questo.
Come abbiamo fatto lunedì sera.

Speriamo di essere in tanti perchè, come dico sempre e perchè ci credo, in politica da soli non si va mai da nessuna parte.

Un grazie ai Sangimignanesi e a questa città impareggiabile.

Mr President e l'ora della responsabilità

Ho fiducia in Obama. Ho fiducia in lui perchè crede nella politica. L'umanità ha fatto passi in avanti quando la Politica si è messa la servizio del progresso e delle persone.

Ho fiducia in Obama perchè intende la politica come mezzo e non come fine.

Ed io credo in questa politica. Per questo ho fiducia in lui.

Non sono un atlantista a tutti i costi, ma considero gli USA un paese straordinario nel senso letterale del termine. Mi domando: in quale altro paese poteva accandere la vicenda umana e politica di Barack Obama, se non negli Stati Uniti d'America?

Per noi, tanto per stare a casa nostra, è un qualcosa di impossibile...

Dopo l'era W.B. sarà difficile fare peggio.

Ma oggi più di ieri l'America ha una grande responsabilità.

Ma da oggi ha anche un uomo capace al comando.

Il tempo ci dirà se avrà anche un grande Presidente.

*****************

Washington, 20 gennaio 2009

Testo integrale del discorso inaugurale di Barack Obama come presidente degli Stati Uniti d’America.

"Miei concittadini. Sono qui oggi pieno di umiltà di fronte al compito che abbiamo di fronte, grato per la fiducia che mi avete dimostrato, conscio dei sacrifici compiuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato in questo periodo di transizione.

Quarantaquattro americani adesso hanno pronunciato il giuramento presidenziale, parole che sono state dette in tempi di prosperità e nelle acque tranquille della pace. Ma ogni tanto il giuramento è pronunciato in mezzo a nuvole che si addensano e a temporali furiosi. In questi momenti, l’America è andata avanti non solo grazie alla abilità e alla lungimiranza di chi la guidava ma perchè ‘Noi, il popolo’, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e fedeli ai nostri documenti fondatori.

Così è stato. Così deve essere in questa generazione di americani. Che siamo nel mezzo di una crisi ormai è stato ben capito. Il nostro Paese è in guerra, contro una rete dai lunghi tentacoli di violenza e di odio. La nostra economia è gravemente indebolita, conseguenza della rapacità e della irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di fare scelte difficili e preparare il paese per una nuova era. Alcuni hanno perso la casa, altri il lavoro, imprese sono fallite. Il nostro sistema sanitario è troppo costoso, le nostre scuole non funzionano per troppi, e ogni giorno ci porta altre prove che il modo in cui usiamo l’energia rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.

Questi sono gli indicatori della crisi, misurabili con le cifre e le statistiche. Meno misurabile ma non meno profonda è la perdita di fiducia in tutta la nostra terra, l’insistente timore che il declino dell’America sia inevitabile, e che la nuova generazione dovrà abbassare le sue mire.

Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non sarà possibile risolverle facilmente né in breve tempo. Ma sappi questo, America: le risolveremo. In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza invece della paura, l’unità d’intenti invece del conflitto e della discordia. In questo giorno, veniamo a proclamare la fine delle meschine divergenze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi usurati che per troppo tempo hanno strangolato la nostra politica.

Rimaniamo una giovane nazione, ma nelle parole delle Scritture, è giunto il momento di mettere da parte le cose da bambino (NdT: Lettera Ai Corinzi, 13:11). E’ giunto il momento di riaffermare il nostro spirito; di scegliere la nostra storia migliore, di sostenere quel dono prezioso, quella nobile idea passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti sono uguali, tutti sono liberi, tutti meritano l’opportunità di perseguire la loro piena felicità.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, capiamo che la grandezza non va mai data per scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie o di ribassi. Non è stato un sentiero per i deboli di cuore, per chi preferisce l’ozio al lavoro, o cerca solo i piaceri delle ricchezze e della celebrità. E’ stato invece il percorso di chi corre rischi, di chi agisce, di chi fabbrica: alcuni celebrato ma più spesso uomini e donne oscuri nelle loro fatiche, che ci hanno portato in cima a un percorso lungo e faticoso verso la prosperità e la libertà.

Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita. Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duro terreno. Per noi hanno combattuto e sono morti in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.

Ancora e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino ad avere le mani in sangue, perché noi potessimo avere un futuro migliore. Vedevano l’America come più grande delle somme delle nostre ambizioni individuali, più grande di tutte le differenze di nascita o censo o partigianeria’. ‘Questo è il viaggio che continuiamo oggi.

Rimaniamo il paese più prosperoso e più potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando la crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della settimana scorsa o del mese scorso o dell’anno scorso. Le nostre capacità rimangono intatte. Ma il nostro tempo di stare fermi, di proteggere interessi meschini e rimandare le decisioni sgradevoli, quel tempo di sicuro è passato. A partire da oggi, dobbiamo tirarci su, rimetterci in piedi e ricominciare il lavoro di rifare l’America.

Perché ovunque guardiamo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede azioni coraggiose e rapide, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori ma per gettare le fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche, le linee digitali per nutrire il nostro commercio e legarci assieme. Ridaremo alla scienza il posto che le spetta di diritto e piegheremo le meraviglie della tecnologia per migliorare le cure sanitarie e abbassarne i costi. Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era.

Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo faremo. Ci sono alcuni che mettono in dubbio l’ampiezza delle nostre ambizioni, che suggeriscono che il nostro sistema non può tollerare troppi piani grandiosi. Hanno la memoria corta. Perché hanno dimenticato quanto questo paese ha già fatto: quanto uomini e donne libere possono ottenere quando l’immaginazione si unisce a uno scopo comune, la necessità al coraggio.

Quello che i cinici non riescono a capire è che il terreno si è mosso sotto i loro piedi, che i diverbi politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non hanno più corso. La domanda che ci poniamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavori con stipendi decenti, cure che possono permettersi, una pensione dignitosa. Quando la risposta è sì, intendiamo andare avanti. Quando la risposta è no, i programmi saranno interrotti.

E quelli di noi che gestiscono i dollari pubblici saranno chiamati a renderne conto: a spendere saggiamente, a riformare le cattive abitudini, e fare il loro lavoro alla luce del solo, perché solo allora potremo restaurare la fiducia vitale fra un popolo e il suo governo’.

‘Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertà non conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che un paese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi. Il successo della nostra economia non dipende solo dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di ampliare le opportunità a ogni cuore volonteroso, non per beneficenza ma perché è la via più sicura verso il bene comune.

Per quel che riguarda la nostra difesa comune, respingiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo e non vi rinunceremo in nome del bisogno. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti di nuovo a fare da guida.

Ricordate che le generazioni passate sconfissero il fascismo e il comunismo non solo con i carri armati e i missili, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Capirono che la nostra forza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come ci pare. Al contrario, seppero che il potere cresce quando se ne fa un uso prudente; che la nostra sicurezza promana dal fatto che la nostra causa giusta, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e della moderazione.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, possiamo affrontare quelle nuove minacce che richiedono sforzi ancora maggiori - e ancora maggior cooperazione e comprensione fra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l’Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace pagata a caro prezzo in Afghanistan. Insieme ai vecchi amici e agli ex nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un pianeta surriscaldato.

Non chiederemo scusa per la nostra maniera di vivere, né esiteremo a difenderla, e a coloro che cercano di ottenere i loro scopi attraverso il terrore e il massacro di persone innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non potrà essere spezzato. Non riuscirete a sopravviverci, e vi sconfiggeremo.

Perché sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù - e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce; e che l’America dovrà svolgere un suo ruolo nell’accogliere una nuova era di pace.

Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere. A coloro che si aggrappano al potere grazie alla corruzione, all’inganno, alla repressione del dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo disposti a tendere la mano se sarete disposti a sciogliere il pugno.

Ai popoli dei Paesi poveri, diciamo di volerci impegnare insieme a voi per far rendere le vostre fattorie e far scorrere acque pulita; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo.

Volgendo lo sguardo alla strada che si snoda davanti a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti e montagne lontane. Oggi hanno qualcosa da dirci, così come il sussurro che ci arriva lungo gli anni dagli eroi caduti che riposano ad Arlington: rendiamo loro onore non solo perché sono custodi della nostra libertà, ma perché rappresentano lo spirito di servizio, la volontà di trovare un significato in qualcosa che li trascende.

Eppure in questo momento - un momento che segnerà una generazione - è precisamente questo spirito che deve animarci tutti. Perché, per quanto il governo debba e possa fare, in definitiva sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si appoggia. E’ la bontà di chi accoglie uno straniero quando le dighe si spezzano, l’altruismo degli operai che preferiscono lavorare meno che vedere un amico perdere il lavoro, a guidarci nelle nostre ore più scure. E’ il coraggio del pompiere che affronta una scala piena di fumo, ma anche la prontezza di un genitore a curare un bambino, che in ultima analisi decidono il nostro destino.

Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo - il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono antiche. Queste cose sono vere.

Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità - un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza. Questa è la fonte della nostra fiducia: la nozione che Dio ci chiama a forgiarci un destino incerto. Questo il significato della nostra libertà e del nostro credo: il motivo per cui uomini e donne e bambine di ogni razza e ogni fede possono unirsi in celebrazione attraverso questo splendido viale, e per cui un uomo il cui padre sessant’anni fa avrebbe potuto non essere servito al ristorante oggi può starvi davanti a pronunciare un giuramento sacro.

E allora segnamo questo giorno col ricordo di chi siamo e quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno della nascita dell’America, nel più freddo dei mesi, un drappello di patrioti si affollava vicino a fuochi morenti sulle rive di un fiume gelato. La capitale era abbandonata. Il nemico avanzava, la neve era macchiata di sangue.

E nel momento in cui la nostra rivoluzione più era in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che queste parole fossero lette al popolo: ‘Che si dica al mondo futuro... Che nel profondo dell’inverno, quando nulla tranne la speranza e il coraggio potevano sopravvivere... Che la città e il paese, allarmati di fronte a un comune pericolo, vennero avanti a incontrarlo’.

America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno delle nostre fatiche, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con speranza e coraggio, affrontiamo una volta ancora le correnti gelide, e sopportiamo le tempeste che verranno. Che i figli dei nostri figli possano dire che quando fummo messi alla prova non ci tirammo indietro né inciampammo; e con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio con noi, portammo avanti quel grande dono della libertà, e lo consegnammo intatto alle generazioni future".

Good Luck Mr. President!!!


Buona fortuna Presidente Obama!!!

lunedì 19 gennaio 2009

Un pò di cose...

1.Forse un pò di pace a Gaza. Ma arriva troppo tardi e con troppi morti sul campo. Purtroppo la politica non ha avuto spazio. E' un'opzione residuale di Israele, che ha il diritto sacrop santo di vicere senza la minaccia dei razzi. Purtrtoppo, i raid isarlaeliani generano i morti di oggi e i kamikaze di domani. Il sogno di due popoli in due Stati, così, resterà un miraggio per altri decenni. C'è da starne certi.

2. Week end all'insegna di San Gimignano. Per il teatro e per la politica. I comici Ritrovati hanno festegghiato 10 anni di attività con uno spettacolo esilarante. E Laura è stata bravissima!!!

3. Domani, lunedì, si decide il nostro candidato a Sindaco per le primarie di coalizione. Abbiamo scelto, e mi sono battuto, per un percorso nuovo, inedito, originale e democratico.
Che desse un sengale, una scossa anche alla città.
Domani, ben oltre l'assemblea comunale, soci fondatori e iscritti avranno la possibilità di indicare il nostro candidato Sindaco....
Sarà una giornata importante per la politica a San Gimignano. A parte le solite malelingue e pochi scettici da una vita, resto convinto della mia sensazione iniziale: domani avremo delle sorprese, la più grande, sicuramente, sarà quella della partecipazione.
Resto convitissimo che per lo stato della politica oggi in Italia, noi, a SAn Gimignano, stiamo facendo un percorso serio, leggibile e decifrabile da chi guarda alla politica con sospetto. Utile per il valore della partecipazione ma prezioso anche al fine della responsabilità della decisione politica. Io, per parte mia, ce l'ho messa tutta (e ho girato come una trottola in questi giorni per tutta San Gimignano...) per spiegare l'importanza di questo appuntamento, mettendo al primo posto l'importanza di partecipare e di scrivere un nome non pensando alle simpatie e antipatie, ma al bene di San Gimignano. Prima della conta, è importante il confronto sul futuro di San Gimignano. Ne riparleremo domani notte...

4. Caso Englaro: questo Paese è una vergogna. Allew persone non interessa, forse non ci rendiamo conto davvero come in questa vicenda democrazia e diritti siano stati messi più volte, da chi li dovrebbe difendere e rappresentare, seriamente a rischio. Ho letto un bellismo articolo di S. Rodotà sull'argomento che posterò appena lo trovo.

PS: il Toro ha riperso....

Punto 4.
Eccolo, l'ho trovato.

Il diritto calpestato
Repubblica — 17 gennaio 2009

Questo povero paese è ormai prigioniero di continue rotture della legalità, che decompongono un tessuto civile sempre più debole, e violano gli stessi diritti fondamentali delle persone. Vittima sacrificale, una volta di più, è Eluana Englaro, alla quale la prepotenza governativa nega quel diritto di morire con dignità che le era stato definitivamente riconosciuto da limpidissime e rigorose decisioni della magistratura.Prepotenza è la parola giusta, e lo conferma il sincero comunicato con il quale la clinica di Udine ha fatto sapere di non poter dare a Eluana Englaro l' assistenza necessaria per l' interruzione dei trattamenti che da diciassette anni la mantengono in uno stato vegetativo persistente. E' il timore della revoca della convenzione, minacciata dal ministro della Salute, ad aver determinato la decisione della clinica, che dice francamente di non poter correre il rischio della perdita del posto di lavoro per centinaia di suoi dipendenti e di quanti collaborano con essa dall' esterno. Il ricatto dell' occupazione, mai forte come in questi tempi, dà forza ad una brutale imposizione politica. Eluana Englaro è vittima di un accanimento ideologico che nega la sua umanità, incrina la fiducia con la quale i suoi familiari hanno sempre creduto nello Stato di diritto, non si preoccupa della stessa grammatica giuridica. All' origine vi è quel nebuloso provvedimento del ministro Sacconi, «un atto di indirizzo» rivolto alle regioni senza sufficiente base giuridica, specchio fedele di una politica che si mette al servizio di insostenibili posizioni ideologiche. La rottura della legalità è netta. Vi è una sentenza passata in giudicato di cui il governo impedisce l' attuazione. Il fatto già in sé grave, lo diviene ancora di più alla luce di un precedente: il tentativo delle Camere di bloccare l' esecuzione della sentenza, sollevando un conflitto di attribuzione tra il Parlamento e la magistratura respinto duramente dalla Corte costituzionale. Dove aveva fallito il Parlamento, che pure aveva cercato un simulacro di rispettabilità giuridica, rischia l' aver successo un governo che impugna come una clava un puro potere di intimidazione. Così è, perché gli argomenti giuridici alla base dell' atto di indirizzo del ministro sono praticamente inesistenti. Si fa riferimento a un parere del Comitato nazionale di bioetica privo di ogni valore giuridico vincolante e per di più approvato a maggioranza. Si invoca la convenzione dell' Onu sui diritti dei disabili che, da una parte, non è ancora pienamente operativa in Italia e, dall' altra, dice cose che non riguardano il caso di Eluana Englaro. L' articolo 25 di quella convenzione infatti dice che non si possono interrompere i trattamenti di idratazione e alimentazione forzata, ma questo divieto riguarda solo il fatto che non si può imporre l' interruzione. Cosa ovvia, ma assolutamente diversa dal fatto che quei trattamenti possono sempre essere rifiutati, come ha riconosciuto la Cassazione nel caso di Eluana Englaro, dando attuazione ad un principio presente nella nostra Costituzione in vari documenti internazionali, che attribuiscono alla persona il potere di disporre liberamente della propria vita. E non si dica che la vita è un bene indisponibile. Ancora pochi giorni fa una donna ha rifiutato un' amputazione, ed è morta. «Contro la forza, la ragion non vale», dice un rassegnato proverbio. Oggi dobbiamo concludere che non vale neppure il diritto dichiarato nelle sedi e nelle forme proprie. In Italia, come sta accadendo in Francia, si sta consolidando l' orientamento secondo il quale la sola legittimazione politica può cancellare ogni altro potere o garanzia. I familiari di Eluana dovranno continuare la loro civile lotta, e nei prossimi giorni il Tar dovrà pronunciarsi sulla legittimità della decisione della Regione Lombardia che ha vietato alla clinica di dare esecuzione alla sentenza della Cassazione. Ma, di fronte ad una prepotenza che è tutta politica, bisogna chiedersi se da chi non condivide l' orientamento del governo, e ha precisi ruoli e responsabilità politiche, sia stato fatto tutto quello che era necessario per difendere diritto umanità civiltà. L' opposizione si è espressa solo attraverso prese di posizione personali, prigioniera solo di paure interne, visto che più di un' indagine ha dimostrato che l' opinione pubblica è nella maggioranza a favore dell' interruzione dei trattamenti, anche in significativi ambienti cattolici. Una opposizione silenziosa, che non comprende il senso della difesa dei diritti e della civiltà giuridica, ha poco futuro davanti a sé. -
STEFANO RODOTà
Repubblica — 17 gennaio 2009

venerdì 16 gennaio 2009

In ricordo di Jan Palach, 40 anni dopo. Per la libertà

Oggi è il 40° anniversario della morte di Jan Palach. 16 gennaio 1969.

Iscritto alla Facoltà di filosofia dell'Università Carlo di Praga, assistette con interesse alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera di Praga. Nel giro di pochi mesi, però, quest'esperienza fu repressa militarmente dalle truppe dell'Unione Sovietica e degli altri paesi che aderivano al Patto di Varsavia. Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969 Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino.
Rimase lucido durante i tre giorni di agonia.
Al suo funerale, il 25 gennaio, parteciparono 600 mila persone, provenienti da tutto il Paese.
Jan Palach decise di non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri e i suoi ideali), che tenne in un sacco a tracolla molto distante dalle fiamme


Lo ricordo con la splendida canzone di Francesco Guccini.

La primavera di Praga

Di antichi fasti la piazza vestita
grigia guardava la nuova sua vita,
come ogni giorno la notte arrivava,
frasi consuete sui muri di Praga,
ma poi la piazza fermò la sua vita
e breve ebbe un grido la folla smarrita
quando la fiamma violenta ed atroce
spezzò gridando ogni suono di voce...

Son come falchi quei carri appostati,
corron parole sui visi arrossati,
corre il dolore bruciando ogni strada
e lancia grida ogni muro di Praga.

Quando la piazza fermò la sua vita,
sudava sangue la folla ferita,
quando la fiamma col suo fumo nero
lasciò la terra e si alzò verso il cielo,
quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano,
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciava all'orizzonte del cielo di Praga...

Dimmi chi sono quegli uomini lenti
coi pugni stretti e con l'odio fra i denti,
dimmi chi sono quegli uomini stanchi
di chinar la testa e di tirare avanti,
dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,

dimmi chi era che il corpo portava,
la città intera che lo accompagnava,
la città intera che muta lanciava
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga,
una speranza nel cielo di Praga...


Per Jan, per la libertà, per chi ancora lotta per averla, per chi si batte per non perderla.

Praga...un inizio d'anno incantevole


Praga è una città che definire magica è fin troppo scontato. Tuttavia, se non proprio la città in se stessa (a qualcuno potrà anche non piacere, no?), lo è certamente la sua atmosfera. Il suo fascino mitteleuropeo, il sommarsi di stili gotico, barocco, l’art nouveau fino anche al cubismo e all’arte moderna delle spiazzanti (ma a noi sono piaciute!) opere di David Cerny. Cinque giorni nella capitale della Repubblica Ceca davvero entusiasmanti, di respiro europeo (che mi garba troppo, anche se i cechi sono forse lo Stato più anti-europeo della UE...), resi ancora più affascinanti dalla neve ( e quando nevicava si stava bene, se no il freddo era pungente). Albergo in posizione centrale (nome: “City Central”, e come poteva chiamarsi?!?!), non un gran ché, ma comodissimo. Sono state tante le cose e tanti gli apsetti che mi hanno colpito di questa città. Mi è difficile trovarne uno su tutti ma, forse, è proprio l’atmosfera della città che mi è piaciuta più di tutto. Il continuo connubio tra storia, fascino antico e modernità, tutto condito da un’architettura che trasuda storia, quella con la “s” maiuscola. I Ponti sulla Moldava, il castello, il ponte Carlo con la sua torre, la piazza del comune con la torre dell’orologio e la statua a Jan Hus, la chiesa della vergine maria davanti a Tyn, la torre delle polveri, gli ambienti di kafka, il palazzo del parlamento, la casa civica, i quartieri e le viuzze in cui perdersi, l’isola Kampa, piazza Carlo, l’area dell’ex ghetto ebraico con le sue sinagoghe (quella di Pinkas con le pareti scritte con i nomi e le date di nascita/morte dei circa 80.000 ebrei cechi vittime del nazismo è impressionante), il vecchio cimitero ebraico con la neve con le lapidi ammassate che ti chiedono un muto rispetto, il nuovo cimitero ebraico, e via ancora col memoriale alle vittime del comunismo ai piedi della collina di Petrin, la funicolare che ti porta sulla collina stessa, i giardini e la bellissima vista sulla città…fino ai pub ed ai locali tipici. Non sono un gran bevitore di birra ma la pilsner Urquell è stata il nostro carburante per 5 giorni… buonissima! E poi piazza Venceslao e l’occasione per ripassare un po’ di storia dal dopoguerra ad oggi. Per fortuna, in Italia abbiamo conosciuto un comunismo dal volto umanissimo in confronto. Lì, purtroppo, dopo la liberazione, il peggiore comunismo ha mostrato fin da subito il suo volto. Quello di un regime poliziesco e illiberale. Ho pregato, laicamente, di fronte al memoriale a Jan Palach. Avrei portato una rosa ma a -10 è stato difficile trovarne una così facilmente… Praga, dopo Barcellona, lascia un segno positivo per quanto, ovviamente, totalmente diverso. Un viaggio, certo breve, che mi ha arricchito. Quindi, come dovrebbero essere i viaggi: l’occasione per vedere il mondo da un punto di vista diverso. Sarà che fra cittadini di luoghi patrimonio dell’Unesco ci si intende meglio, ma noi a Praga siamo stati benissimo.
Per il magiare è stato ganzo sperimentare la cucina ceca, molto caratterizzata dal dolce/forte, intingoli, salsine, carne e pesce..

Ecco un po’ di posti dove siamo stati e che raccomando. Tranne uno, l’ultimo.

Restaurace U parlamentu
(Bar, Pub, Cucina ceca, Ristorante, Cucina tedesca)
Valentinská 8, Praga 1 110 00, Repubblica Ceca, quartiere Staré Město
Numero di telefono: +420 721 415 747
Sito Web:
www.uparlamentu.cz
(quello della prima sera con Vale e Ing, quindi indimenticabile. Alla mano e caratteristico al tempo stesso, buona birra e buon menù, centralissimo e vicino alla metro. Prezzi modici.)

U Fleku Beer Hall Restaurant & BreweryKremencova 11 - New Town, Prague 1Czech Republic
(A mio avviso il più divertente: buona la birra )

U Pinkasu
Jungammova Namesty 6 - Praga 1
(Secondo me il più caratteristico, dove ho mangiato meglio in un ambiente ed in una atmosfera unica a e assolutamente praghese. Prezzi onestissimi)

Da evitare:
U Vejvodu
Jilskà 4 – Praga 1
(secondo me il peggiore, anche perchè il più caro)

Infine, per la rubrica italians:
è ovvio che i locali siano stati pochi poiché il giorno, da veri italians, il pranzo era al sacco con provviste di fortuna racimolate durante la colazione in albergo…
Consiglio a chi viene da questi parti in cerca di fortuna. Occhio!! Le ceche non conoscono vie di mezzo: si passa dalla ragazzina super top model alla grande matrona slava…


martedì 13 gennaio 2009

Ci risiamo: li vorrebbero tutti uguali!

L'argomento è delicato, tocca la storia patria, e posto questa denuncia dell'ANPI nazionale non tanto per fare polemica gratuita quanto, semmai, per informare su un revisionismo strisciante che puntualmente si ripropone: quello di equipare (questa volta addirittura inventandosi un'onorificenza di nuovo stampo) i partigiani, i gappisti e i combattenti per la libertà con i repubblichini dei Salò. Sia chiaro: un conto è il rispetto e la pietà per i morti, tutti i morti, di qualunque parte. Un altro è il valore e le motivazioni per le quali si è combattuto e perito, da una parte anzichè dall'altra. Lo ricorda oggi anche Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte Costituzionale, classe 1915, arrestato e torturato durante il fascismo, al quale il nuovo tentativo di "equiparare" per legge partigiani, deportati e militari ai repubblichini di Salò, proprio non piace. E lo spiega, anche in punto di diritto, molto bene: "Sono contrrissimo perché è assolutamente chiaro che c'è stata la continuità dello Stato anche dopo l'8 settembre e la caduta del fascismo. E non si può riconoscere a chi ha contrastato lo stato italiano sovrano schierandosi con la Repubblica sociale il titolo di combattente. La Cassazione è chiara in merito. Tutte quelle pronunce sono concordi nel definire i repubblichini come nemici".
E aggiunge: "Ma cosa vogliono ancora? Hanno avuto tutto, l'amnistia di Togliatti, la legittimazione democratica immediata, l'Msi in Parlamento, adesso sono al potere. Eppure vanno avanti, incuranti del fatto che non esiste paese in Europa dove i collaborazionisti del nazismo sono premiati".

Mio nonno Guido è arrabbiato e deluso. Ma attivo (a 83 anni!), come sempre, quando c'è di mezzo l'ANPI e da difendera la lotta partigiana e, ancor prima, le sue ragioni.
Come possiamo dargli torto?

L'ANPI nazionale si è mobilitato contro il disegnao di legge che è approdato in Parlamento, alla zitta. Eccolo.

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA
COMITATO NAZIONALE - Roma

Un “Ordine del Tricolore” che disordina la storia e le radici della Repubblica.
Col disegno di legge n. 1360 la maggioranza parlamentare pretende di equiparare partigiani, militari e deportati ai repubblichini di Salò con un istituendo Ordine del Tricolore.

La relazione cheaccompagna il disegno di legge sostiene infatti “la pari dignità di una partecipazione al conflitto di molti combattenti, giovani e meno giovani, cresciuti nella temperie culturale guerriera e imperiale del ventennio, che ritennero onorevole la scelta a difesa del regime ferito e languente”.
Analoga operazione fu già tentata nelle precedenti legislature, ma venne respinta: ora tenta un gravissimo colpo di forza.

L’ANPI e tutte le forze politiche, sociali, culturali che si richiamano all’antifascismo e ai valori della Resistenza sanciti nella Costituzione della Repubblica non possono che opporsi al disegno di legge attualmente in discussione nella Commissione Difesa della Camera.
Intendiamo denunciare questo ennesimo tentativo di sovvertire la nostra storia e le radici stesse della nostra Repubblica.

2009!

Intanto buon 2009 a tutti!
Da' Retta Palle...è un anno iniziato a livello internazionale con l'ennesima guerra nella striscia di Gaza. Un anno già segnato dalla crisi, come la fine del 2008.
Come tradizione vuole l'anno nuovo si apre con i buoni propositi. Ne faccio solo uno: quello di avere più tempo per questo blog e per essere aggiornato con continuità. Superata la difficoltà iniziale dello scrivere di sè si può procedere spediti.
Ho diverse cose da raccontare (viaggio a Praga su tutti!!!). Lo farò presto.
Buon lavoro a tutti.