venerdì 30 gennaio 2015

Art. 83 - Il Presidente della Repubblica

Ieri, tornando in auto ed anzitempo da Firenze, ho ascoltato l’inizio delle votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica. Sarà stata la radio ed il suo fascino sempre un po’ vintage, ma quando in aula è partito l’applauso per l’ingresso di Giorgio Napolitano ho provato quella sensazione che si prova nei momenti cruciali della vita democratica di un Paese.

Per chi segue la politica ed ha senso delle istituzioni, l’elezione del Presidente della Repubblica è il momento più l’alto. Non solo perché si elegge il rappresentante dell’unità nazionale, il garante della Costituzione dunque della nostra convivenza civile e democratica, ma anche perché, almeno nel mio caso, penso al prezzo che è stato pagato dal nostro Paese per scegliere la Repubblica e dotarsi di una figura sopra le parti.

Il pensiero è corso alla figura di Napolitano e agli insulti ed accuse che gli sono stati rivolti negli ultimi anni della sua Presidenza. Non sta a me dare giudizi, inoltre non ne sarei all’altezza. Dico telegraficamente che Napolitano ha, dal mio punto di vista, il merito di aver scontentato quasi tutti gli attori in campo. E questo mi basta per dire con ragionevole certezza che abbia quindi ricoperto bene il suo ruolo: perseguendo cioè e davvero l’interesse generale (che non è mai di parte) e seguendo la Costituzione.
Ha scontentato Berlusconi nel 2011, ha scontentato il PD non andando alle elezioni e scegliendo la via tecnica con Monti, scontentando per questo Grillo e per non avergli dato poi l’incarico di formare un governo nel 2013 (che comunque era arrivato secondo), e scontentando di nuovo il Pd non affidando a Bersani l'incarico di esplorare la possibilità di formare un governo.

Troppo sciocche, poi, le accuse di non essersi opposto alle così dette leggi ad personam del centrodestra o a norme del centrosinistra. Il Presidente non può sostituirsi al ruolo dell’opposizione in Parlamento e l’articolo 89 parla chiarissimo in tal senso: “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri”. 
Il Presidente è politicamente irresponsabile in via istituzionale. E sappiamo che i Ministri assumono la responsabilità degli atti presidenziali innanzi alle Camere, secondo la regola propria delle forme di governo parlamentare.

Ciò che si può discutere, e lo ha fatto con interesse Michele Prospero (in un articolo del 14 gennaio scorso “Il Presidente che sussurrava alla crisi”) è se le scelte di Napolitano abbiano avuto efficacia. Quella di Monti, senza dubbio non lo è stata, non tanto per la scelta di un governo di emergenza nazionale a mio avviso, quanto per la scelta tecnica. Anche se, in quell’occasione, la situazione è stata resa complicatissima se non obbligata dalla rinuncia dei partiti a giocare fino in fondo la loro partita, nascondendosi dietro la foglia di fico del governo tecnico. Che poi, alla fine, tecnico non lo è mai, poiché comunque a sostenerlo ci sono le forze presenti in Parlamento.

Il dato più evidente della presidenza di Napolitano, quello che gli è valso (a mio giudizio fuori luogo) l’epiteto di “Re Giorgio”, mi pare invece proprio questo: da un lato la crisi e l’abdicazione dei propri ruoli da parte dei partiti, a partire dallo sgretolamento delle coalizioni “reggi tutto” pur di vincere, a destra come a sinistra, e poi di fatto risultate ingovernabili tanto erano disomogenee; dall’altro l’irresponsabilità nella fase del Governo Monti, la codardia dei partiti nel rimandare sine die la legge elettorale, l’incapacità nel 2013 (con gravissime colpe del Pd e, subito a ruota della ‘purezza intoccabile’ del M5S) di eleggere un Presidente della Repubblica con il richiamo di Napolitano stesso.

Anche da queste vicende si comprende quanto sia importante domani non fallire il passaggio, davanti ai cittadini e al Paese, oltre che agli osservatori stranieri, dell’elezione del nuovo Presidente. 
La politica ed il sistema partitico e dei movimenti si giocano, senza alcuna ombra di dubbio, l’ormai residua dote di fiducia di cui godono.

Cosa spetterà al nuovo Presidente? Lo stesso destino e lo stesso contesto di Napolitano? Io credo di no. Non vedo un rischio di degenerazione del governo parlamentare a vantaggio di un ruolo più politico del Presidente. Certo è, come ho scritto a proposito della nuova legge elettorale, la spinta maggioritaria e la riforma del bicameralismo perfetto chiederanno al Presidente di esercitare un ruolo inedito fino ad oggi ed ancora di maggiore garanzia rispetto ad un parlamento dominato da una sola lista o comunque, non è un caso irrealistico, da una coalizione molto solida di 2-3 partiti al massimo. Per la prima volta la nostra forma di governo parlamentare conoscerà, se passa la legge elettorale come ho scritto qui, un sistema fortemente maggioritario. Le due cose non sono di per sé incompatibili ma, di fatto, in Italia non l’abbiamo mai sperimentato. Per questo il nuovo Presidente si dovrà misurare in un contesto nuovo e delicato.

Mi preoccupa di più la riforma della Costituzione in atto che, con una lista “piglia tutto”, dovrà inserire garanzie notevoli affinché questa lista possa fare molto da sola, certamente, ma non tutto. 
Il caso della dichiarazione dello stato di guerra a maggioranza semplice del Parlamento e non qualificata è una aberrazione da cancellare subito, per fare un esempio per tutti! Su questo bisogna approfondire la discussione e la conoscenza su quanto sta avvenendo alla Camera, e bisognerà organizzare un momento pubblico anche qui sotto le torri. Ci lavorerò.

***

PS1: da quando oggi ho scritto questo post sembra ormai certa l’elezione di Mattarella. Se così sarà riconosco a Renzi e al PD di aver trovato una buona soluzione questa volta. Spiazzato Berlusca a cui Mattarella dà evidentemente più noia di un giocatore in casacca democratica come Prodi, Pd unito – si spera- e che ha votato in streaming la sua scelta, Sel addirittura entusiasta, inevitabile la convergenza di Alfano (che è pure Ministro dell’interno, dicasi Ministro dell’Interno..), spazzato il più che legittimo ‘sospetto’ che nel patto del Nazareno ci fosse ben altro che le sole riforme e, ma non da ultimo, una personalità dalle doti politiche, etiche e morali difficilmente contestabili.

PS2: se destra e sinistra non contano più, se conta quello che sei e quello che fai come ci dice Grillo, se contano i requisiti della persona qualcuno ci deve spiegare perché Mattarella non va bene e non si può votare (anche se non è certo uno che scalda i cuori o dal profilo social come usa oggi; almeno, cosa rara, è uomo perbene e delle istituzioni). E perché non in streaming? Come è stato fatto notare. Mistero. Se nel 2013, viene da dire oggi col senno di poi, il M5S avesse peccato di meno presunzione verso il Pd (seppur colpevolissimo di un suicidio politico) oggi saremmo qui a raccontare un’altra storia. Ma senza giocare e portando sempre via il pallone, perchè si è convinti di essere sempre migliori degli altri, è dura. Dopo il 2013, i nomi di Bersani e di Prodi tra i 10 nomi per le “quirinarie” più che il sapore di una beffa o di una presa in giro, sanno di una cosa fuori dal mondo.

PS3: detto con molta chiarezza. E' dai tempi dell'Università e dal mitico corso di diritto costituzionale studiato sul Martines che sono contrarissimo all'elezione diretta del Capo dello Stato. Non abbiamo bisogno di passare ad una repubblica presidenziale. Le modalità di elezione stabilite dall'art. 83 sono le più consone per una repubblica parlamentare. Ed evitano che, con l'investitura diretta, il Presidente della Repubblica sia indotto ad intervenire nella direzione politica dello Stato, proprio perché investito direttamente. Il Capo dello Stato resti soggetto di garanzia e super partes, la direzione politica resti alla dinamica gruppi parlamentari-Governo.

martedì 27 gennaio 2015

Un passo avanti, con realismo



Leggo la solita bordata di insulti e di luoghi comuni sul lavoro fatto per dare all’Italia una nuova legge elettorale. Una legge, vale la pena ricordacelo, dopo il regalo fattoci dal centrodestra con il porcellum di Calderoli, che da quasi 10 anni il Paese aspetta. Aspetta chi? Che cosa? Che la politica si metta d’accordo per dare all’Italia governi più coese, duraturi e certi, senza larghe intese e senza mortificare la rappresentanza e migliorare la possibilità di scelta dei propri rappresentanti.
Questo mi sembra il dato più rilevante, che dovrebbe assillare la responsabilità politica di ciascuna forza oggi dentro e fuori al Parlamento.
In questa diatriba ognuno porta quello che io chiamo il suo ‘mondo perfetto’. Non mi sottraggo neppure io: sistema maggioritario, collegi uninominali (con le primarie) e doppio turno (ballottaggio).
E tuttavia, così facendo, non saremmo andati da nessuna parte.

Mi pare invece che l’Italicum provi a dare una riposta a questa esigenza. E che abbia fatto passi avanti significativi (ricordo bene l'appello di alcuni giuristi quando fu presentata la versione iniziale).
Premio di maggioranza: si è passati dal 35% dei consensi della Camera al 37% e poi al 40% definitivo del Senato (FI e altri non lo volevano, preferendolo alla coalizione). Bene per contrastare la frammentazione e la coltivazione dei soli “orticelli.
Ballottaggio: introdotto (FI e altri non lo volevano) per dare stabilità al sistema. Governi di larghe intese, per capirci, così come ora non se ne faranno più (e personalmente, sapendo di essere contro corrente,  non vedo l’ora che si voti!). Però, e questo non mi pare da sottovalutare, il ballottaggio non esclude il formarsi, comunque, di alleanze, all’interno di uno stesso schieramento, poiché comunque il Governo dovrà avere la fiducia del Parlamento e questa potrà venire, sulla base di un accordo alla luce del sole in vista del ballottaggio, anche da forze contigue alla lista che ha vinto il primo turno.
Inoltre è sparita l’indicazione del premier nell’urna. A mio avviso dettaglio non da poco, che ribadisce, e ce n’era bisogno, l’importanza e direi la necessità della fiducia parlamentare.
Grazie al premio di maggioranza e al ballottaggio si garantisce la stabilità. Governi più coesi, dunque la governabilità (che non vuol dire automaticamente buon governo, ma possibilità di governare senza ribaltoni, larghe intese).
Soglia di sbarramento: dall’8% della Camera si è scesi al 3% del Senato. Di fatto i piccoli partiti avranno la possibilità di entrare in Parlamento meglio e di più che col Porcellum. Si garantisce così la rappresentanza a tutti, cosa giusta, quasi sancendo di fatto più che un diritto di tribuna. Non si mortifica così la rappresentanza democratica, quando invece un po’ di sospetti ci erano venuti eccome rispetto alla prima bozza.
Quote rosa: non c’erano alla Camera, sono state introdotte al Senato ed inoltre c’è la possibilità di esprimere la doppia preferenza di genere sulla scheda.
Listini bloccati e preferenze: c’erano alla Camera non ci sono più dopo il passaggio al Senato. (Li volevano con forza soprattutto FI ed altri). Tornano, infatti (a me non piacciono per i sistemi nazionali) le preferenze (usate pochissimo al nord, tantissimo al sud, poi domandiamoci perché?), ma restano bloccati i capilista: che potranno candidarsi fino a 10 collegi (i collegi saranno 100).
Niente collegi uninominali: peccato, ed il capolista bloccato non può certo essere paragonato al candidato di collegio.

Tutto bene dunque? Per nulla.
Ma se guardo da dove si partiva, il Porcellum, e dove si voleva arrivare, l’Italicum proposto alla Camera, e se considero anche l’immobilismo ormai quasi decennale dei partiti e del sistema politico in tema di legge elettorale (una vergogna per un paese civile e democratico), questa è sicuramente una mediazione importante.
Certo restano i capi lista bloccati. Rispetto agli altri punti elencati, qui la mediazione è stata al ribasso. Punto. E tuttavia è comunque un passo avanti rispetto alla partenza con i listini bloccati (inaccettabili), anche se personalmente i capilista bloccati continuano a non garbarmi per nulla.

Anche qui: rispetto all’infermo in cui eravamo, se non siamo direttamente passati in paradiso, diciamo che almeno ne siamo usciti e finiti in purgatorio. Con un sistema flessibile tra candidati bloccati e preferenze. Spero proprio che la misura introdotta sia utilizzata al massimo, senti che mi tocca dire: cioè che lo stesso capolista sia presentato nei 10 collegi consentiti. Così scatterà il meccanismo più candidature plurime più preferenze, perché comunque il capolista dei 10 collegi ne dovrà scegliere solo uno. E gli altri saranno tutti eletti con le preferenze.

Ma quello che voglio dire è che le riforme in generale, e la legge elettorale in particolare, non si fanno a tavolino, ma nel contesto, in questo caso politico, in cui ci si trova ad operare.
E se non si vuol far da soli, come a dicembre 2005 fece il centrodestra approvandosi da solo la legge, atteggiamento che, questo sì, trovo davvero illiberale, ci vuole realismo e disponibilità a trovare un compromesso.

Si dirà: esiste un sistema perfetto? Per quel poco che ci capisco e per quel poco che ho imparato all’università esistono sistemi possibili, dato il contesto in cui ci si trova a mediare, ed esistono i sistemi furbi, di parte, fatti apposta per non funzionare. E magari approvati a colpi di sola maggioranza a 6 mesi dal voto. Esattamente come avvenne con il Porcellum di Calderoli. Una porcata nella porcata.
Poiché né il Pd, né Grillo, né FI, né altri, da soli, avrebbero avuto i numeri, la strada era una sola, se si parte dall’imperativo che una legge elettorale nuova era non più rinviabile.
E se tanto più si è detto che sulle “regole del gioco” si cerca l’accordo con tutti e che non si vuol far da soli, farlo poi costa: costa mediare, costa rinunciare al proprio mondo perfetto, costa trovare una soluzione che sia accettabile almeno per la maggior parte degli altri attori in campo. Quelli che vogliono starci s’intende, non quelli che restano chiusi nel loro mondo perfetto. Che resta perfetto, migliore e tutto quello che si vuole, ma che non fa fare un passo avanti al sistema politico-istituzionale.

***

PS: Lo so che quello che sto per dire non frega a nessuno ed è tutto dibattito interno, ma molte delle migliorie sono state frutto del lavoro interno al PD, il cui ruolo di pungolo va ascritto alla così detta ‘minoranza’ che non può non vedere questo dato politico. Anche per questo non ho condiviso la posizione di Gotor. Legittima nel merito, non l’ho condivisa per nulla nel metodo. In un partito si sta con delle regole e non si può invocare il voto di coscienza sulla legge elettorale... Dalla totalità dei candidati nominati, come era nel Porcellum e come era nell’iniziale proposta dell’Italicum, il passo avanti è gigantesco. 
Poi mi garberebbe chiedere a qualcuno del mio PD da quando siamo diventati fans sfegatati delle preferenze. A partire dai Gotor, eletti nel listino bloccato di Bersani. 
Sia ben chiaro, non ce l’ho con nessuno, non ho da difendere minoranze o maggioranze, non mi sento renziano non mi sono mai sentito bersaniano (sono del Pd come tanti e voglio solo che questo partito che abbiamo fondato funzioni), ma certe prese di posizione, dopo aver ottenuto risultati grazie alla mediazione e al confronto politico tra minoranze e maggioranza, le ho trovate e continuo a trovarle solo strumentali.

PPS: Per questo, pur con i suoi pregi ed i suoi difetti, credo che la politica debba al Paese questa legge, e sarebbe un guaio nel guaio farla saltare. Se passasse, invece, credo che il problema vero sia il rapporto della legge elettorale con la riforma costituzionale in corso. Non solo perché c’è la clausola di salvaguardia rispetto all’abolizione del Senato elettivo, ma perché c’è una modifica dei poteri dell’esecutivo che debbono essere attentamente controbilanciati nella riforma costituzionale. Non è accettabile, per fare solo un esempio, come è adesso in discussione alla Camera, che lo stato di guerra sia deliberato dal nuovo Parlamento (eletto con l’Italicum) a maggioranza semplice. Se alcuni compromessi al ribasso sono mal digeribili e tuttavia “sopportabili” per salvaguardare l’obiettivo generale di dotare l'Italia di una legge elettorale che finalmente
garantisca stabilità, governi coesi e rappresentanza, mediazioni al ribasso sulla riforma costituzionale non sono digeribili né perdonabili dal mio punto di vista.

mercoledì 14 gennaio 2015

Con la cultura si mangia eccome, magari non in albergo



Tranne che quando scrive di San Gimignano Montanari ha spesso ragione. La primavera scorsa  ebbi infatti a replicare ad un suo articolo sul Fatto Quotidiano sulla nostra città, molto frettoloso ed altrettanto superficiale, zeppo di luoghi comuni. La cosa mi colpì perché ho stima di lui e, spesso, di cosa scrive.
Come un suo recente articolo che parla della proposta (non ho capito avanzata da chi) di prestare gratuitamente le opere d’arte chiuse nei musei agli alberghi per esporle. Si proprio così.

L’articolo è interessante perché dà l’occasione di riflettere su quale politica culturale sta dietro ad una proposta simile. Mentre in tutto il mondo i privati concorrono a mantenere il patrimonio culturale pubblico non sostituendosi allo Stato, ma aiutandone l’azione, cioè quello che si chiama da sempre mecenatismo, da noi no. E c’è chi vorrebbe fare esattamente il contrario. Già nel nostro Paese, come fa giustamente rilevare l’autore, abbiamo aperto alle sponsorizzazioni dei privati, operazioni commerciali che fanno leva sul patrimonio pubblico. Si potrà storcere il naso ma, credo, si tratta di un meccanismo ancora sopportabile. Quello che invece non lo sarebbe è andare addirittura oltre: lo Stato che fa il mecenate per i privati (a costo zero? Con quali garanzie per la conservazione e la sicurezza? Un bene pubblico ad esclusivo beneficio dei pochi privati che frequentano l’hotel di lusso?).

La cosa dà da pensare. Soprattutto quando poi leggo che in Italia, quasi come l’altra faccia della stessa medaglia e con buona pace di Tremonti, con la cultura si mangia eccome. Il sistema produttivo del comparto cultura vale 80 mld di euro (tra no profit e pubbliche amministrazioni), che attiva 134 mld di euro con una filiera culturale di 214 mld di euro; nonostante la crisi l’export del settore è aumentato (era di 30 mld di euro nel 2009 è arrivato nel 2013 a 41,6 mld di euro); 289mila occupati in Lombardia, 160mila nel Lazio e nel Veneto, 107 mila in Toscana, 60mila in Sicilia e migliaia di imprese culturali nel nostro Paese. A dirlo è stato il recente rapporto “Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza”, fatto da Symbola.

sabato 10 gennaio 2015

Mister "manetto": un maestro non solo di sport a 10 anni di distanza

Oggi bella iniziativa per ricordare Mister Piero Bigazzi, Manetto per tutti i Sangimignanesi, nel decennale della sua scomparsa.
Oltre che un grande mister e quindi maestro di calcio anche maestro di vita: Piero era mio vicino di casa, babbo del mio miglior amico Filippo e da ragazzi, nelle estati passate nel suo campo a fare i balocchi, di sgridate e di consigli se n'è presi tanti!!
La partita di calcio è stato il miglior modo per ricordare il nostro Mister, con il calcio di inizio dato dal grande Ranieri.
A cena poi tutti noi ragazzi dal '74 al '78 abbiamo consegnato una targa in ricordo di Piero a Filippo e Cristina (fisicamente ed idelamente anche a Milena che non se l'è sentita di venire a cena, troppe emozioni) e raccolto qualche centinaio di euro da devolvere in beneficenza, al progetto casa Sara.
Una serata unica, che ha rimesso insieme più generazioni di Sangimignanesi nel ricordo di Piero, nello spirito vero del calcio e dei suoi valori. 


Ciao Piero!