martedì 6 dicembre 2016

MATITA E VOTO: GLI UNICI POTERI DAVVERO FORTI


Sono 32 milioni gli italiani che sono andati a votare (più del 2006 e del 2001). Tanti ed è un bene. 
Gli appelli ad andare a votare per me non sono mai retorica o tattica. Quello del voto è l’unico potere davvero “forte” in cui credo. 

Oltre 19 mln per il No, oltre 13 milioni per il Sì. Dal punto di vista democratico una bella prova.
Il Sì ha perso nonostante continui a pensare che la riforma contenesse ragioni di merito più che valide. Il No ha prevalso nettamente. O meglio: hanno vinto vari No e non uno solo. 

Aspettando le analisi sulla composizione del voto, nel merito penso queste cose, guardando alla Sinistra, al PD che è il campo che mi interessa. Non penso infatti che la soluzione sia semplicemente nel sostituire l’arroganza di Renzi con la superbia di Di Maio o le ruspe di Salvini.

1) Non è stato un voto referendario ma un voto politico e sociale. Sul Governo, su Renzi e le sue politiche, di riflesso sul PD. C’è una parte il cui No è stato certamente un No ad una riforma di questa portata e fatta in questo modo. Ma c’è una parte maggioritaria per cui il cui No è stato verso Renzi e verso il suo Governo, un voto alle sue politiche, fiutando l’occasione per dare la spallata. Per i primi si tratta di tenerne conto una volta per tutte in futuro, per i secondi la risposta è nella politica e come sarà in grado di cambiare il PD e la sinistra.


2) L’errore della personalizzazione, dunque, cioè legare le sorti del governo all’esito della consultazione, si è rivelato micidiale, come ampiamente pronosticato. Giusta e corretta la scelta conseguente di dimettersi. La responsabilità di tale errore è tutta sua: ha confuso i piani ed i ruoli, ha fatto trasparire la presunzione di avere già vinto, ha fatto sembrare la riforma un “affare del governo”, rendendola ancora più distante dal popolo. Morale? Governo a casa, sinistra divisa, PD a pezzi. Riforme costituzionali al palo per diverso tempo. 

3) “La maggioranza silenziosa” si è fatta sentire eccome. Nelle zone in cui il disagio è maggiore, il reddito minore, la disoccupazione più dura, la legnata sembra essere arrivata più forte. E si aggiunge a quella delle amministrative della primavera 2016. Dove abbiamo perso capoluoghi importanti, anche in Toscana. E si aggiunge alle regionali del 2015 dove abbiamo vinto a fatica regioni sempre ben disposte verso il centrosinistra. E si aggiunge alla legnata di pochi giorni fa in Friuli. Tutti zitti. La risposta del gruppo dirigente non potrà più essere come quella del dopo-amministrative, che fu imbarazzante: liquidata ad un voto locale, marginale e fluido senza riflessi nazionali. Senza analisi, né sulle politiche di governo né sull’atteggiamento tenuto dal partito. Oltre ad ignorare vergognosamente una proposta di riorganizzazione del PD sul territorio elaborata da Barca. Vogliamo liquidare anche questa volta con un cretino “ciaone” tutti questi dati politici?

4) Ho scritto altre volte che non mi iscriverò mai al “partito del ciaone”, cioè di chi pensa che si possa fare politica irridendo e contro tutti. Ma quanto ci vuole al gruppo dirigente del Pd a capire che stiamo sulle palle a tanti anche per questi atteggiamenti? Come si fa a non capire che non c’è sinistra se si governa contro i sindacati, contro il mondo della scuola (anche se assumi 100.00 precari)? Che se è pur vero che per riformare a volte si deve essere impopolari, è impensabile governare contro tutti perché tutti alla prima occasione se ne ricorderanno. A Renzi riconosco di praticare il primato della politica. Ma serve più collegialità. E guardare in faccia la realtà. Quello di D’Alema era un riformismo senza popolo, questo non può essere solo quello del “ciaone” o del “ce ne faremo una ragione” di chi non è d’accordo con noi.

5) Gli elettorati si sono dimostrati piuttosto fedeli. Quelli degli altri, non i nostri: militarizzati i 5S, abbastanza stabili quelli del centrodestra, molto mobili quelli del PD per quasi il 25%. Morale della favola: non hanno tenuto “i nostri” si è sfondato poco o nulla  nell’altro campo. A forza di rincorrere i verdini  e la destra si è perso pezzi in casa nostra. E’ arrivato il momento di conclamarlo e farci definitivamente i conti, senza i tweet del menga sul 40%.

6) 4 giovani su 5 sotto i 35 anni non ci considerano. Un dramma. Ed un paradosso se pensiamo di avere un segretario di partito ed un Presidente del Consiglio di appena 40 anni. Ma è ovvio, il problema non è l’età. Nessuno che a Roma si renda conto di come siamo percepiti: il Pd come un partito in cui ci sta tutto ed il contrario di tutto! Quello che è stato il partito del “Sindaco Pescatore” Vassallo è oggi anche quello di De Luca, quello delle unioni civili e dei giustissimi 80 euro è anche quello dell’imu abolita a tutti, quello del contratto a tempo indeterminato per tutti è anche quello dei voucher e della miriade di forme contrattuali precarie non eliminate, per fare alcuni esempi. Abbiamo fatto, giustamente, un partito post ideologico, perché le ideologie e le rigide identità che ne seguivano avevano fatto il loro tempo. Ma è arrivato il momento di riconsiderare la questione: quando si è giovani si è alla ricerca di esempi e di identità. E noi rischiamo di non dare né i primi ne di avere la seconda. Non possiamo essere solo “il partito delle banche”! Che non è vero ma è quel che passa.

7) siamo la principale forza del socialismo europeo, mentre tutte le socialdemocrazie e le sinistre in Europa sono ai minimi storici. Abbiamo e dobbiamo avere un ruolo in Europa, verso un Parlamento ed una Commissione europea a guida centrodestra. Siamo gli unici che, come si era cominciato a fare, possono agire per far invertire la rotta dall’austerità a quella degli investimenti e della solidarietà. Non lo fanno né la Lega ne i 5S, che in Europa siedono con Le Pen e Farage, cioè col peggio della destra. Non sfasciamo tutto.

E’ arrivato il momento di pensare all’Italia, come sempre, ma di occuparsi finalmente della sinistra e del PD. Ricucendo con umiltà quel che c’è da ricucire, discutendo apertamente, senza buttare via anche le tante buone proposte avanzate in vari settori. Io ci credo ancora. Al Pd e alla sinistra che vuole andare al governo. Perché la verità è ancora questa. Che siamo ancora perdenti, che al governo ci è andato prima Fini di noi, e che non possiamo accontentarci di esserci stati in coalizione con Alfano. Quello che vedo all’orizzonte, infatti, è solo un ritorno in grande stile della Destra. Che a tanti piace, ed è legittimo. Ma non è il mio campo.