Sono 32 milioni gli italiani che sono andati a votare (più del 2006
e del 2001). Tanti ed è un bene.
Gli appelli ad andare a
votare per me non sono mai retorica o tattica. Quello del voto è l’unico potere
davvero “forte” in cui credo.
Oltre 19 mln per il No, oltre 13 milioni per il Sì. Dal
punto di vista democratico una bella prova.
Il Sì ha perso nonostante continui a pensare che la riforma
contenesse ragioni di merito più che valide. Il No ha prevalso nettamente. O
meglio: hanno vinto vari No e non uno solo.
Aspettando le analisi sulla composizione del voto, nel
merito penso queste cose, guardando alla Sinistra, al PD che è il campo che mi
interessa. Non penso infatti che la soluzione sia semplicemente nel sostituire
l’arroganza di Renzi con la superbia di Di Maio o le ruspe di Salvini.
2) L’errore della personalizzazione, dunque, cioè legare le
sorti del governo all’esito della consultazione, si è rivelato micidiale, come
ampiamente pronosticato. Giusta e corretta la scelta conseguente di dimettersi.
La responsabilità di tale errore è tutta sua: ha confuso i piani ed i ruoli, ha
fatto trasparire la presunzione di avere già vinto, ha fatto sembrare la riforma
un “affare del governo”, rendendola ancora più distante dal popolo. Morale?
Governo a casa, sinistra divisa, PD a pezzi. Riforme costituzionali al palo per
diverso tempo.
3) “La maggioranza silenziosa” si è fatta sentire eccome.
Nelle zone in cui il disagio è maggiore, il reddito minore, la disoccupazione
più dura, la legnata sembra essere arrivata più forte. E si aggiunge a quella
delle amministrative della primavera 2016. Dove abbiamo perso capoluoghi
importanti, anche in Toscana. E si aggiunge alle regionali del 2015 dove
abbiamo vinto a fatica regioni sempre ben disposte verso il centrosinistra. E
si aggiunge alla legnata di pochi giorni fa in Friuli. Tutti zitti. La risposta
del gruppo dirigente non potrà più essere come quella del dopo-amministrative,
che fu imbarazzante: liquidata ad un voto locale, marginale e fluido senza
riflessi nazionali. Senza analisi, né sulle politiche di governo né
sull’atteggiamento tenuto dal partito. Oltre ad ignorare vergognosamente una
proposta di riorganizzazione del PD sul territorio elaborata da Barca. Vogliamo
liquidare anche questa volta con un cretino “ciaone” tutti questi dati politici?
4) Ho scritto altre volte che non mi iscriverò mai al “partito
del ciaone”, cioè di chi pensa che si possa fare politica irridendo e contro
tutti. Ma quanto ci vuole al gruppo dirigente del Pd a capire che stiamo sulle
palle a tanti anche per questi atteggiamenti? Come si fa a non capire che non
c’è sinistra se si governa contro i sindacati, contro il mondo della scuola
(anche se assumi 100.00 precari)? Che se è pur vero che per riformare a volte
si deve essere impopolari, è impensabile governare contro tutti perché tutti
alla prima occasione se ne ricorderanno. A Renzi riconosco di praticare il primato della politica. Ma serve più collegialità. E guardare in
faccia la realtà. Quello di D’Alema era un riformismo senza popolo, questo non
può essere solo quello del “ciaone” o del “ce ne faremo una ragione” di chi non
è d’accordo con noi.
5) Gli elettorati si sono dimostrati piuttosto fedeli.
Quelli degli altri, non i nostri: militarizzati i 5S, abbastanza stabili quelli
del centrodestra, molto mobili quelli del PD per quasi il 25%. Morale della
favola: non hanno tenuto “i nostri” si è sfondato poco o nulla nell’altro campo. A forza di rincorrere i
verdini e la destra si è perso pezzi in
casa nostra. E’ arrivato il momento di conclamarlo e farci definitivamente i
conti, senza i tweet del menga sul 40%.
6) 4 giovani su 5 sotto i 35 anni non ci considerano. Un
dramma. Ed un paradosso se pensiamo di avere un segretario di partito ed un
Presidente del Consiglio di appena 40 anni. Ma è ovvio, il problema non è
l’età. Nessuno che a Roma si renda conto di come siamo percepiti: il Pd come un
partito in cui ci sta tutto ed il contrario di tutto! Quello che è stato il
partito del “Sindaco Pescatore” Vassallo è oggi anche quello di De Luca, quello
delle unioni civili e dei giustissimi 80 euro è anche quello dell’imu abolita a
tutti, quello del contratto a tempo indeterminato per tutti è anche quello dei
voucher e della miriade di forme contrattuali precarie non eliminate, per fare
alcuni esempi. Abbiamo fatto, giustamente, un partito post ideologico, perché
le ideologie e le rigide identità che ne seguivano avevano fatto il loro tempo.
Ma è arrivato il momento di riconsiderare la questione: quando si è giovani si
è alla ricerca di esempi e di identità. E noi rischiamo di non dare né i primi
ne di avere la seconda. Non possiamo essere solo “il partito delle banche”! Che
non è vero ma è quel che passa.
7) siamo la principale forza del socialismo europeo, mentre
tutte le socialdemocrazie e le sinistre in Europa sono ai minimi storici.
Abbiamo e dobbiamo avere un ruolo in Europa, verso un Parlamento ed una
Commissione europea a guida centrodestra. Siamo gli unici che, come si era
cominciato a fare, possono agire per far invertire la rotta dall’austerità a
quella degli
investimenti e della solidarietà. Non lo fanno né la Lega ne i 5S, che in
Europa siedono con Le Pen e Farage, cioè col peggio della destra. Non sfasciamo
tutto.
E’ arrivato il momento di pensare all’Italia, come sempre,
ma di occuparsi finalmente della sinistra e del PD. Ricucendo con umiltà quel
che c’è da ricucire, discutendo apertamente, senza buttare via anche le tante
buone proposte avanzate in vari settori. Io ci credo ancora. Al Pd e alla sinistra
che vuole andare al governo. Perché la verità è ancora questa. Che siamo ancora
perdenti, che al governo ci è andato prima Fini di noi, e che non possiamo
accontentarci di esserci stati in coalizione con Alfano. Quello che vedo
all’orizzonte, infatti, è solo un ritorno in grande stile della Destra. Che a
tanti piace, ed è legittimo. Ma non è il mio campo.