Ripreso fiato tra lavoro e campagna elettorale, si può
tornare a dire “un paio di cose” sul voto di domenica scorsa. In Europa come a
San Gimignano.
Con un avvertimento a chi legge: ho scritto tanto e, probabilmente, c’è anche qualche bischerata.
Ma il blog aperto nel 2008 mi serve proprio a
questo: a fare con più calma.
Per la furia c’è twitter o facebook.
Per chi tempo non ne ha, può scegliere quale delle tre parti leggere.
Per chi tempo non ne ha, può scegliere quale delle tre parti leggere.
***
Dunque: la vittoria alle europee è state netta quanto
inaspettata nelle proporzioni.
Che lo sia stata così, in un voto tradizionalmente lontano
dal sentire degli italiani, la rende ancor più straordinaria.
Mi limito a segnalare l’analisi più comprensibile, almeno
nei numeri, fatta del voto europeo.
Come al solito quella del prof D’Alimonte. Eccola qui.
Che si spiega già nel titolo: alta fedeltà del Pd e nuovi
voti.
Riducendosi rispetto alle politiche 2013 il numero dei
votanti (come sempre accade tra politiche ed europee) il Pd di Renzi ha saputo
convincere “i suoi” e attrarre nuovi voti: dal centro in particolar modo ma
anche, seppure in misura minore, dal M5S e da Fi.
E, dico finalmente, secondo le analisi dei flussi elettorali, il Pd risulta primo partito tra gli under 40 e, secondo Swg,
e nel mondo della piccola imprenditoria che, appena un anno fa disposto a dare
fiducia a Grillo, quest’anno sceglie per primo il Pd.
Ho provato finalmente un po' di soddisfazione in termini politici quando, lunedì mattina della
settima scorsa in viaggio verso Firenze, ho ascoltato al giornale radio i
risultati incredibili del voto europeo.
Ho ripensato all’anno fatto da segretario locale dei ds,
quando maturammo la scelta di chiudere il partito per farne non uno in più, ma
uno nuovo. Più moderno. E con la testa che guardasse avanti e non indietro. E
poi ai tre anni da segretario Pd delle torri, insieme a tante persone, a tutto
quel tempo impiegato per far passare un’idea nuova (e io spero sempre più
innovativa) della sinistra.
Ho ripensato al Veltroni del 2008, all’errore fatto nel non
coltivare quel risultato (34%) nonostante la sconfitta (più che meritata) alle
elezioni politiche dopo il disastro dell’Unione.
A quando, accompagnandolo in macchina con la mia focus da
San Gimignano a Empoli, dopo le sue dimissioni gli spiegavo quanto avesse fatto
male ad andarsene e, soprattutto, ad andarsene in quel modo: senza
‘cattiveria’, senza porre questioni dirimenti, senza rendere chiaro al popolo
democratico quale era la sua opzione politica e quale quella di chi, si diceva
allora, ‘non lo faceva lavorare’. Un trauma. Da cui sono derivati poi tutti i
disastri nazionali successivi. Ho ripensato a tutto quello che ci è stato dopo,
fino ai troiai imbarazzanti e devastanti della non vittoria alle politiche, al
siluramento di Prodi, al Governo Letta e via con tutti gli altri imbarazzi che
qui sul territorio abbiamo dovuto subire da Roma…. Vergognosi.
“Allora si può fare davvero”, mi sono detto.
Come me l’ero detto nel 2008, pur avendo perso ma
considerando quel 34% una dimostrazione di una strada corretta. Nuova
certamente, ma non una via cieca.
Aveva ragione Veltroni?
Credo proprio di sì. L’ho sempre pensato, non solo quando
abbiamo chiuso i ds, ma soprattutto nella convinta costruzione del Pd a cui,
almeno a livello territoriale, ho dedicato alcuni anni non solo per i compiti che
mi sono stati affidati.
La speranza insomma, ma vorrei dire meglio la volontà, di un’idea di sinistra riformista (parola
vuota che da sola non vuol dire nulla) ma che invece si sostanzia se
rappresenta un’istanza perenne di cambiamento e di progresso, se si pone l’idea
di una sinistra grande (cioè senza rinchiudersi nei fortini rassicuranti delle
ideologie e delle bandiere e in cui possono, non senza dibattito, convivere
posizioni anche più radicali, ed il tema di come si prendono le decisioni è ancora tutto lì al nostro interno, momentaneamente messo da parte dal decisionismo di Matteo e dai numeri che ha), se si fa carico di un progetto nazionale (il
#sipuòfare o il #cambiaverso per capirci e semplificando), se si pone di
rappresentare un rinnovamento democratico per l’Italia, anche attraverso
l’innovazione del sistema politico (cioè i partiti e come funzionano) e di
quello (spinoso ma non eludibile) del sistema istituzionale che necessita di un
aggiornamento.
Insomma: una sinistra moderna. Che discute certo, ma poi
decide, si dà dei tempi sulla base di priorità ed obiettivi. E li fa sapere,
senza giaguari da smacchiare, ma dicendo quello che vuol fare.
Una sinistra riformista che sta sulla frontiera dei
cambiamenti sociali, economici e politici.
Una sinistra che, per questo, rischia di più.
Anche
suggerendo e praticando riforme mai fatte.
Riformismo è rischio, la conservazione è più rassicurante.
Ma la sinistra per dirsi riformista o è questo, e fa rima
con cambiamento (che non è necessariamente rivoluzione e violenza), con
progresso, con riforme, con comunità che porta giustizia sociale, più libertà, diritti
e nuove opportunità, o non è.
Senza farla troppo lunga: è tutto questo il Pd di Matteo
Renzi, così come immaginato al Lingotto? Non lo so e non sta sicuramente a me dirlo.
Ma il risultato è, da una parte, figlio di questa impostazione, dall’altra
incoraggiamento a perseguire una strada che è stata imboccata ma non ancora
percorsa tutta.
Quel che mi appare chiarissimo è che questa è (ancora) la
vittoria di Renzi più che del Pd.
Nel senso che ancora dubito che tutto il Pd abbia fatto
propria questa visione.
Molto, per adesso, c’è del personalismo e del carisma
di Matteo.
Una cosa è certa, almeno per me: quando il Pd ha praticato
innovazione è quando è riuscito meglio. A tutti i livelli.
La sinistra, almeno quella che il Pd vuole rappresentare, la
deve smetter di avere paura della modernità, e di arroccarsi nel bel tempo che
fu. Che fu e che, oggi, non è più.
Grillo ha perso,
non solo per un messaggio di paura o per i suoi toni esasperati e francamente
beceri, ma proprio perché anche l’elettorato di Grillo, a suo modo, esprime un
sentimento di innovazione.
Ma se il Pd fa il suo mestiere, quello per cui è
nato e per cui vale lavorare per una sinistra riformista e moderna in Italia,
gli toglie una parte di terreno sotto i piedi, come è accaduto.
Sta qui, secondo me, la chiave del successo di Renzi. Non perché l’elettorato di grillo sia di destra o di sinistra, è sicuramente un elettorato più complesso e, con rispetto, dico che ancora rappresenta sempre il 20% degli italiani che votano. (PS: anche se, devo dire, che il “o noi o loro!”, ha me ha saputo parecchio di destra…e poi, comunque, qualcuno ci dovrà spiegare perché in Italia si vuol fare il vino in purezza 100%, senza confrontarsi con i vini rosè dei bersani e dei renzi di turno, e in Europa si accettano disciplinari assai più annacquati, per stare in una metafora agricola cara alle nostre terre, e si ritiene invece accettabile ragionare, ovviamente non in streaming, con l’Ukip inglese di Farange, per dirne uno…). Andiamo oltre. Senza scomodare nessuno.
Sta qui, secondo me, la chiave del successo di Renzi. Non perché l’elettorato di grillo sia di destra o di sinistra, è sicuramente un elettorato più complesso e, con rispetto, dico che ancora rappresenta sempre il 20% degli italiani che votano. (PS: anche se, devo dire, che il “o noi o loro!”, ha me ha saputo parecchio di destra…e poi, comunque, qualcuno ci dovrà spiegare perché in Italia si vuol fare il vino in purezza 100%, senza confrontarsi con i vini rosè dei bersani e dei renzi di turno, e in Europa si accettano disciplinari assai più annacquati, per stare in una metafora agricola cara alle nostre terre, e si ritiene invece accettabile ragionare, ovviamente non in streaming, con l’Ukip inglese di Farange, per dirne uno…). Andiamo oltre. Senza scomodare nessuno.
Il principale merito
di Renzi (mi pare troppo presto per dire pienamente ‘del Pd’), a mio avviso, è
stato proprio questo: rispolverare, senza citarla, la ‘vocazione maggioritaria’ di veltroniana memoria (che tanto fa arrabbiare una certa parte della sinistra)
ma che non significa far da soli ma parlare a tutta l’Italia, e porsi da
riformista contro i conservatori ed i conservatorismi. Sostanziando questo
atteggiamento con proposte comprensibili, seppur discutibili quanto si vuole, ma con
proposte. Avessimo avuto qualche anno addietro il pensiero politico di Veltroni
con la determinazione di Renzi, avremmo governato già dal 2012, dopo la caduta di Silvio e con la legittimazione
del voto popolare. Ma la storia, si sa, non si fa con i ‘se’ e con i ‘ma’. Figuriamoci
la politica.
Ma la storia sa
anche essere interessante.
Mi soffermo su un
paio di altre considerazioni che le elezioni europee ci consegnano.
Intanto, va detto che anche 5 anni fa, pur nell’arretramento
complessivo del campo socialdemocratico il Pd italiano, con 8.007.854 voti e il
26,1% su scala nazionale, con 21 eurodeputati, si ritrovava, seppur di poco, il
primo partito di centrosinistra in Europa, a fronte di cali molto più drastici
in diversi paesi.
Cinque anni fa l’Europa uscì dalle elezioni ancora più a
destra dei precedenti cinque.
Oggi scopre un sostanziale pareggio tra le principali
famiglie politiche europee, il PPE ed il PSE, ma sono considerevolmente cresciute
le forze euroscettiche, nazionaliste e xenofobe rispetto a soli cinque anni precedenti.
Oltre ad una astensione che resta impressionante, rispetto alla quale il dato
italiano spicca invece per partecipazione…
L’astensione, seppur fisiologica nel voto europeo, la leggo
in due modi: 1) un’Europa sempre più difficile da comprendere (sono d’accordo
con quanto scrive Baglioni nel dossier de La voce.info
e la complessità, si sa, allontana i
cittadini; 2) soprattutto la necessità di politiche di risanamento dei debiti
pubblici che non ammazzino le persone e politiche per lo sviluppo che mettano
al centro lavoro, investimenti, diritti, ambiente ed energia.
E bene: la storia mette le mani di Renzi e del Pd, dell’Italia
Paese fondatore della UE, Paese deriso anche per colpa dell’inconcludenza
berlusconiana al governo, la possibilità di guidare questo processo di riforma.
Sì perché Renzi è il leader riformista più forte in Europa così come uscito dal voto
europeo, alla guida del più forte partito riformista in Europa, col suo 40,8% nonché
del principale partito che esprimere la maggioranza dei parlamentari
all’interno del più grande gruppo progressista nel parlamento Europeo, cioè
dentro il PSE. Che se è vero che non è arrivato primo, per demerito soprattutto
questa volta di Francia Germania e Spagna, c’è bisogno di lui da parte del PPE
per garantire un governo all’Europa.
Personalmente la trovo un’occasione (ed una coincidenza) oltre che fortunatissima anche straordinaria, da non sprecare. Renzi mi sembra consapevole. Io ci spero. Convinto che, tra un nord Europa che chiede meno solidarietà ed un sud Europa che chiede meno austerità, la via maestra stia nel mezzo a queste due pulsioni, attraverso le politiche per il risanamento comune e per lo sviluppo che ho detto sopra. L’Italia ha questa occasione, difficilissima, ma non può non giocarsela.
Sapendo che in Europa non servono
gli effetti speciali, le battute, le corna o l’improvvisazione (l’ho
sperimentato personalmente le volte che per lavoro mi sono recato a Bruxelles),
ma competenza e conoscenza dei dossier.
A me che ho fatto anche un po’ di
studi del diritto europeo e della costruzione dell’integrazione europea appare
come una ‘congiunzione astrale’ irripetibile. L’Italia, dopo questo voto, si
candida a Paese che può guidare il processo, necessario, di ricostruzione
europea.
Serve anche alla Merkel, che se è
vero che ha rivinto il campionato tedesco, seppure di poco, in Champions League
è andata malissimo. Vittoriosa a Berlino ma sempre meno in Europa.
Il 2 luglio inizia il semestre
europeo a guida italiana.
La possibilità di dettare
l’agenda, fattore decisivo in politica, ci farà capire subito di che panni ci
vestiamo.
***
Il voto a San Gimignano
Per la prima volta da quando seguo la politica, almeno a livello
locale e mi riferisco ovviamente al Pd, questo ha avuto un effetto, per quanto
indiretto ma positivo dal livello nazionale.
Il mitico “effetto traino”, quello che ho sempre sentito evocare
nelle fumose stanze di quando mi sono avvicinato alla politica ma che,
inesorabilmente, beneficiava sempre gli altri!
A questo giro si può dire che l’effetto Renzi-Pd (l’ordine
non è casuale come ho scritto prima) ha dato una mano anche sui territori,
anche a livello locale (tranne le classiche eccezioni che confermano la regola,
anche vicino a noi, vedi Certaldo e vedi Colle… Aggiungo che la valdelsa
rischia un ribaltamento mai visto nella storia. Conosco molto bene sia la
vicenda di Certaldo, frutto di primarie avvelenate, e quella di Colle, frutto
di miopia e manovre di un gruppo dirigente che, forse, ha remato al suo stesso
interno in due direzioni opposte l'una all'insaputa dell'altra, facendo nascere la lista civica trasversale
che tutti conosciamo e che pure -domandiamoci perché?- gode di così tanta
stima. Se il voto dovesse confermare un passaggio di testimone in entrambi i
comuni e, soprattutto, in quello che fu il primo Comune socialista della Toscana ed uno dei
primi nella storia d’Italia come Colle, avremmo una Valdelsa, senese ma
anche fiorentina, a geografia variabile. In cui l’unico Sindaco al secondo
mandato sarebbe il nostro, quello di San Gimignano, e con una responsabilità in
più per la nostra città per dare alla valdelsa una guida ed una visione comune. E con qualche problema in
più, immagino, nella maturazione di scelte condivise).
Grazie anche a questo così detto “traino
nazionale”, ma soprattutto grazie ai Sangimignanesi il centrosinistra ha
vinto anche a San Gimignano, così come avvenuto in larga parte d’Italia. E le grandi vittoria chiamano più responsabilità e sempre maggiore impegno.
Al netto di questo aspetto di “traino”, ritengo che le
motivazioni siano infatti e soprattutto nostre, locali.
In sintesi:
Una coalizione vincente. La coalizione
tra PD e SEL ottiene il 74,8%
dei consensi, pari a 3.291 voti (206 voti in più del 2009 quando a votare furono
in 4.903 a
fronte dei 4.643 sangimignanesi recatisi alle urne domenica scorsa). Una
coalizione (“Centrosinistra per San
Gimignano”) che ha guadagnato un +8,8% rispetto al 2009.
Un
risultato straordinario e per nulla scontato alla vigilia del voto, dopo 5 anni
di legislatura tra i più travagliati della storia della Repubblica per effetto
della crisi economica, dei tagli ai trasferimenti statali e dei ripetuti
attacchi all’autonomia degli enti locali.
PD in forte crescita più il contributo di
SEL. Un’affermazione frutto di una solida
collaborazione
politica con SEL e della marcata ripresa del PD a livello nazionale e locale.
A San
Gimignano, infatti, il PD ottiene
alle europee il 66,42% dei
consensi (2.990 voti), che è il
terzo
miglior risultato dei democratici in provincia di Siena, dopo Castiglion
d’Orcia e Chiusi.
A livello locale il 74,8%, pari a 3.291 voti, ottenuto dal “Centrosinistra per San Gimignano”
a
trazione
PD è anch’essa la terza miglior
percentuale della provincia (dietro soltanto a San Casciano
dei
Bagni e Radicofani, fatta eccezione dei 100% di Gaiole in Chianti, Radda in
Chianti e
Chiusdino
dove si è presentata una sola lista) e la percentuale più alta tra i comuni
sopra i 5.000
abitanti.
Il Pd ed il centrosinistra avanzano, le
opposizioni arretrano tutte. E’ questo il dato politico per me più
evidente sotto le torri. Le opposizioni a San Gimignano, infatti, arretrano
tutte rispetto a 5 anni fa, come nel caso della Lista Civica (dimezzata al
6,6%, era al 10,8% nel 2009, segno evidente che il progetto ormai ha il fiato
corto e che i passaggi transfrontalieri non pagano) ed il Centrodestra (letteralmente
crollato al 4,4%, era al 14,2% nel 2009). Oppure rispetto al dato delle
Europee, come nel caso del neonato M5S che scende al 14,1% dal 15,3% del voto
per Bruxelles.
A
livello locale il Pd ed il centrosinistra hanno fatto ciò che ha fatto il Pd di
Renzi a livello nazionale: ha tenuto i proprio voti e li ha sottratti alle
opposizioni.
La
differenza in termini assoluti di voti tra le europee e le comunali è positiva,
e segna un +211 voti.
Sarà stato un fatto di fiducia, capacità e competenze
delle persone, come sempre più è a livello locale, tale da non ritenere
competitive e meritevoli di essere premiate le alternative, ma resto convinto
che tanta differenza l’abbia fatta soprattutto la proposta per San Gimignano, il
modo di costruirla e poi di porla.
Un programma completo per dare risposte e
progetti ai cittadini. Questa è stata per me la principale motivazione
di una così netta vittoria. In una campagna che a volte ho trovato sterile di
idee e molto polemica sui “ciccioli” (roba da cui mi tengo lontano da sempre),
amplificati dal bar sport digitale che è FB, io credo che i Sangimignanesi abbiamo
invece apprezzato il programma del centrosinistra.
Questo
almeno è quello che mi sono impegnato a fare in campagne elettorale: spiegare
che c’era e c’è un'idea di città e di Comune ed un programma realistico,
attento a dare risposte ai bisogni dei cittadini, oltre a contenere progetti
per tutta San Gimignano.
Durante
la campagna elettorale mi sono impegnato proprio a marcare questa differenza
di visione:
la
volontà di governarla tutta questa città e tutto insieme questo territorio, da
Badia a Elmi a
Castelsangimignano,
oltre ogni settarismo e visione parziale, senza pensare ad una San Gimignano
da
vetrina e ad una dimentica.
I
Sangimignanesi hanno apprezzato questa proposta, concreta e rivolta a tutta la
comunità, anche
perché
costruita in modo aperto, con metodi partecipativi, attraverso tavoli tematici
che hanno
ulteriormente
arricchito l’esperienza di buongoverno della coalizione uscente.
Metodi
che spero proprio il Pd e l’Amministrazione vogliano fare definitivamente
propri: la domanda, per quanto spesso indistinta e generica, di cambiamento che
si percepisce nel Paese, deve trovare una sua declinazione anche in
sangimignanese. Per me significa tradurre questa domanda in tre
risposte guida: innovazione, trasparenza, partecipazione.
Un mandato pieno per il nostro Sindaco. Si
tratta di un successo e di un mandato pieno anche per Giacomo, nostro Sindaco uscente, frutto da un lato dell’impegno assiduo e della
presenza costante di questi 5 anni e, dall’altro, dei risultati ottenuti sotto
tanti punti di vista. Per me il principale di questi, al di là di tante cose
roboanti, quello per cui ci siamo battuti anche dai banchi del Consiglio con i
miei colleghi, è quello di aver fatto sì che San Gimignano non tornasse
indietro ed anzi reggesse meglio di altre realtà una fase economica negativa
per tutti (tradotto: mantenuti i servizi ai cittadini, in alcuni casi
rafforzati, sostegno alle politiche sociali, imposte locali basse, livelli di investimenti da ‘grande comune’
per tutto il territorio, centro storico e frazioni…).
Poi ci voglio mettere anche una lista di candidati al
Consiglio che si è dimostrata capace di intercettare molti consensi, competitiva
e capace. Per esserci passato da segretario 5 anni fa, dovendo gestire il post
elezioni e sapendo la delusione che segue ad una mancata elezione, qui mi sento
soprattutto di dire grazie a chi non è stato eletto. Per l’impegno costante e la
personale e positiva esperienza messa a disposizione della coalizione e dei
cittadini. Valori e capacità a cui non vorrei rinunciassimo.
Così come faccio gli auguri ai neo eletti delle
opposizioni.
La mia idea di politica l’ho ri-spiegata in un post in campagna
elettorale, sicché non credo che suoni artificioso questo mio augurio.
Quanto a
Sel la mia opinione è che c’è tutto lo spazio politico, visto il risultato
ottenuto a livello di coalizione e di singoli, per recuperare in Giunta con una
presenza istituzionale. Così come sulla Giunta mi aspetto una composizione che
tenga conto del risultato pieno ottenuto, del fatto che si è ad un secondo
mandato consecutivo, che sia all’altezza dell’impegno dei numeri ottenuti, che
sia anche un investimento politico sul futuro (non intendo solo sul piano
anagrafico), razionale nell’organizzazione delle deleghe come abbiamo scritto
nel programma (cultura, attività produttive, agricoltura e energia e ambiente
necessitano di ancora più cura nella prossima legislatura), senza fare di certi
aspetti (come tempo e ‘appartenenze’ varie…) elementi decisivi delle scelte. Insomma,
bisogna fare buon uso della vittoria che, come diceva Polibio nelle ‘Storie’, a
volte è più complicato del vincere stesso.
Mi soffermo poi su alcune, ultime, considerazioni forse
marginali ma che vanno fatte.
Intanto, in tempi di antipolitica e di vaffa indistinti, le
comunali confermano il centrosinistra sopra la soglia dei 3000 voti (a questo
giro 3.201 per la precisione), che confermano una forte presa della nostra
parte politica sulla realtà sangimignanese, che rappresentano un altrettanto
importante patrimonio di consenso da curare e coltivare e da non disperdere, a
cui dare continuamente attenzioni, soluzioni, risposte nell’interesse generale.
Per me questa era e resta la sfida più importante, la prima missione e la più
grande responsabilità verso i sangimignanesi e, aggiungo poi, verso la storia
politica della nostra comunità.
La responsabilità di questo dato la sentivo addosso 5
anni fa e la risento addosso anche oggi, anche se non avrò compiti esecutivi,
ma comunque per quello che potrò fare e nelle vesti che sarò chiamato a
ricoprire. Che è il frutto di un lavoro che viene da lontano, di tante
battaglie, di uomini e donne capaci di mirare al bene di San Gimignano nel
tempo, di guardare oltre il proprio naso o la scadenza del proprio mandato
amministrativo.
Non va tutto bene, ci sono molte cose da aggiustare, lo so
bene e in alcuni casi le ho pure dette, so che c’è il quotidiano da gestire ma
vorrei che questa tensione a pensare oltre i propri cinque anni non si
smarrisse.
Infine, poiché per formazione e per carattere non sono stato
abituato a nascondere i problemi, spero che il netto risultato a livello di
elezioni europee e l’altrettanto netta affermazione del Pd a livello di
elezioni comunali non facciano perdere, con molto senso pratico, la cognizione che
ancora le cose nel Pd non funzionano del tutto, a quasi 8 anni di distanza
dalla sua fondazione.
Non parlo solo del nazionale, qui parlo di noi e del Pd
delle torri.
Le ragioni che mi hanno portato ad una astensione all’ultimo
congresso locale, non certo per battaglie sulle persone che non mi interessano,
ma per mancanza a mio avviso di strategie, proposte e messaggi politici chiari e leggibili
dai nostri cittadini, insomma di un pensiero e di metodi nostri, per me restano piuttosto aperti. La vittoria netta
spero non serva ad aggirare i problemi, anzi ad affrontarli meglio e con
chiarezza. Il PD da brillante idea, capace anche di vincere come ha dimostrato Renzi
con le europee, deve farsi partito, soggetto politico coeso, abbandonando
de-fi-ni-ti-va-men-te “le casacche” di appartenenza e coltivando quella
vocazione maggioritaria di cui ho detto che è, in primis, coltivare idee e
soluzioni per l’Italia e per le comunità che si amministrano.
***
Quanto a me...
Per quanto mi riguarda, parlo sempre malvolentieri di me, voglio
dire grazie ai 424 sangimignanesi che mi hanno dato fiducia.
Confesso che non me lo aspettavo, così come confesso di non averci capito nulla alla vigilia dove non riuscivo a leggere segnali che mi apparivano molto contrastanti.
Il risultato mi responsabilizza ancora di più, ce la metterò tutta per esserne all’altezza.
La gratificazione più grande è quando penso che questo risultato è stato ottenuto senza avere ruoli esecutivi, assessorati o altro, ma solo su aspetti politici e, forse, anche personali.
Confesso che non me lo aspettavo, così come confesso di non averci capito nulla alla vigilia dove non riuscivo a leggere segnali che mi apparivano molto contrastanti.
Il risultato mi responsabilizza ancora di più, ce la metterò tutta per esserne all’altezza.
La gratificazione più grande è quando penso che questo risultato è stato ottenuto senza avere ruoli esecutivi, assessorati o altro, ma solo su aspetti politici e, forse, anche personali.
Anche per questo continuerò a mettercela di più di quanto ho fatto
fin qui.
Mantenendo un’autonomia di pensiero, avendo San Gimignano e la Val d’Elsa nel cuore per esserci nato e cresciuto, e prendendo gli unici impegni che davvero sono in grado di prendere: di restare come sono, con i piedi per terra, di non cambiare, di ricordarmi di dove vengo e che la politica è prima di tutto servizio, che si può vivere per la politica (che è di tutti) ma non di politica (che se no serve solo a pochi); e di continuare a studiare e ad imparare, che è la cosa più importante.
Mantenendo un’autonomia di pensiero, avendo San Gimignano e la Val d’Elsa nel cuore per esserci nato e cresciuto, e prendendo gli unici impegni che davvero sono in grado di prendere: di restare come sono, con i piedi per terra, di non cambiare, di ricordarmi di dove vengo e che la politica è prima di tutto servizio, che si può vivere per la politica (che è di tutti) ma non di politica (che se no serve solo a pochi); e di continuare a studiare e ad imparare, che è la cosa più importante.
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