Penso semplicemente che il
Ministro Lupi farebbe bene a dimettersi. E, almeno a quello che ho sentito stamani in radio, è quel che farà. Un sussulto di pudore.
Non è indagato, ed è innocentissimo. Ma
non è un cittadino qualunque. Chi fa politica e, soprattutto, rappresenta lo
Stato e le istituzioni democratiche, queste cose le sa o, almeno, dovrebbe
saperle.
E’ intollerabile ed inammissibile
che la difesa di una struttura tecnica (per quanto di missione!) e del suo
massimo dirigente, tale da minacciare addirittura la caduta di un Governo,
siano preminenti rispetto al diritto dei cittadini ad avere un’amministrazione
dello Stato economica, efficace, efficiente ed imparziale. In altre parole, che
la difesa di un dirigente e della sua struttura tecnica venga prima
dell’interesse generale di non vedere sprecati ed impastoiati i soldi dei
contribuenti. Per non dire del tanfo del
“piacerino” di Stato ai soliti (ed amicissimi) noti.
Non si tratta né di moralismo, né
di giustizialismo. Per me Lupi non ha compiuto reati. Ma ha fatto quello che un
politico che ha funzioni pubbliche e rappresenta le istituzioni non deve mai
fare. Per questo è bene che se ne vada e alla svelta. E’ bene che lasci perché,
anche se non indagato ed onestissimo, è venuto meno, in qualità di cittadino a
cui sono affidate funzioni pubbliche a quello che chiede la Costituzione (art. 54): che impone ai cittadini come lui “il
dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi
stabiliti dalla legge”. Lupi, da Ministro, ha pure giurato su questa roba.
Non c’è più, da quello che si è
letto, né disciplina né onore.
Restano solo due parole ed un
aggettivo: opportunità e responsabilità politica.
Fare politica, occuparsi dei
cittadini e della cosa pubblica, rappresentare le istituzioni (che sono costate
sacrifici e sangue perché fossero davvero di tutti) è una cosa serissima.
E farlo non te lo ordina il
dottore. E se non c’è più disciplina e onore, tra difese di dirigenti che hanno
fatto il loro tempo, di sudditanza della politica alla burocrazia, rolex per
scandire il tempo di meccanismi oliati sempre dai soliti, abiti regalati per
far bella figura, viaggetti, lavoretti e collocamenti di figli e figliastri, si
può andare tranquillamente a fare altro. Verrà un altro Ministro, non ci
preoccupiamo.
***
A ben vedere, smaltita
l’incazzatura nel dover assistere ancora oggi a queste cricche, ci sarebbero
da fare almeno un paio di considerazioni.
La prima. Chi si occupa un po’ di
infrastrutture non può fare a meno di notare come la sudditanza della politica
alla burocrazia sia diventata emblematica. In cui l’indirizzo politico non
indirizza proprio un bel niente a livello centrale, anzi si fa dettare l’agenda
(i programmi politici?) da chi ha in mano la storia più o meno recente delle
grandi opere in questo Paese. In questo una legislazione farraginosa e
instabile, dà una mano incredibile. Proprio quella legislazione prodotta da
quell’indirizzo politico così debole. Una delle più colossali prese per il culo
italiane è il Codice degli appalti. Miliardi di articoli, dal 2006 ad oggi,
cambiati dal Legislatore più di 600 volte. E ancora non è finita, perché ancora
c’è da adeguarsi alle più recenti direttive europee. Risultato? Un sistema che
non funziona. E a dimostrare che non funziona è lo Stato stesso che, guarda un
po’, quando deve appaltare grandi opere va a trattativa privata. Poi se i costi
aumentano e in tanti ci mangiano qualcuno pagherà. Così come non può essere
taciuto il fallimento della legge obiettivo, 2001, e dei relativi allegati
infrastrutture alle varie leggi di stabilità. Nata anche con uno scopo nobile (individuare la opere infrastrutturali
strategico di interesse nazionale), stabilendone priorità, procedure ,
tempistiche e modalità di finanziamento si può dire che ha fatto flop. Si sono
riempiti gli Allegati infrastrutture, regione per regione, di opere, illudendo
piogge di miliardi che non sono arrivati, creando una struttura tecnica di
missione alle dirette dipendenze del Ministro e sganciata dalla direzione
generale del Ministero. Struttura che peraltro, è il caso di dirlo dopo quello
che si legge, ha smarrito ben presto la sua missione. Leggi più chiare,
trasparenza assoluta, semplificazione procedurale e turn over dei dirigenti
possono dare una mano ad invertire la rotta? Chi può dirlo. Ma è chiaro come
oggi l’inerzia ed il grigiore non possano essere una risposta. E poi c'è la gigantesca questione culturale che deve accompagnare questo processo di cambiamento. Se non si parte dall'educazione, dalla formazione alla legalità tutto si ridurrà al clamore mediatico. Ma poi, spenta la tv o la sbecerata su facebook, ognuno tornerà bel bello a fare cme faceva prima. Tanto cosa vuoi che succeda? (Invito a leggere "Lettera a un figlio su Mani pulite" di Gherardo Colombo, tanto per farsi un'idea).
La seconda. Riguarda
inevitabilmente la politica. Bene Cantone all’Autorità nazionale
Anticorruzione. Ma non basta. In attesa che arrivi il sol dell’avvenire in
questo Paese, quando cioè sarà culturalmente un valore condiviso il rispetto
delle regole, soprattutto tra quelli con responsabilità pubbliche, è
intollerabile e fastidioso per il comune cittadino il tentennare su alcuni
passaggi decisivi. E questo tentennare riguarda sia il Governo sia il
Parlamento. Il “daspo” ai corrotti che fine ha fatto? Il falso in bilancio? La
stessa modifica del codice degli appalti, a quando? La legge anticorruzione che
langue da due anni in Parlamento? Sono abbastanza stufo di vedere, tra i vari
balbettii, ogni tanto anche il PD. Per quel vizio che ho di guardar bene in
casa mia prima di parlare degli altri, lo trovo inaccettabile. Ci sono dei
valori, etici, morali e politici che stanno alla base di un partito come il
nostro, per cui l’abbiamo fondato, sui quali non si può tentennare. Certo: ora
lo sport nazionale è dare la colpa al PD di ogni cosa e sappiamo che così non è (anche se noi ci mettiamo del
nostro: prima la smettiamo di governare con Ncd e gli altri meglio è, ad
esempio), ma in Parlamento e al Governo ci
sono soprattutto le nostre bandiere (e come ci siamo andati è un'altra pagina trsite). E allora basta. Perché se no arriva il
sospetto che le primarie in Liguria e i De Luca in Campania non siano clamorosi
scivoloni, ma un arretramento culturale e politico per me inaccettabile. Io non
ci sto a passare a prescindere per il “partito facilita corrotti”, perché ho
fondato questo partito con milioni di persone con tutt’altro ideale: quello di
mettere insieme le esperienze migliori delle politiche riformatrici delle
culture socialiste, comuniste, del cattolicesimo democratico e del moderno
ambientalismo per cambiare il quadro politico ed istituzionale di questo Paese
sulla base dei valori di quelle culture. Valori che affondano le loro radici nella
legalità, nella moralità della politica, nel rispetto delle istituzioni e
saldamente ancorati al dettato costituzionale.
Non prendiamoci più in giro: se non ha le caratteristiche della
necessità ed urgenza la corruzione in questo Paese, tale da giustificare una
decretazione d’urgenza da parte del Governo, allora davvero che vincano i Lupi e i loro balli.
Ma che governino da soli.
***
In conclusione due riflessioni
personali:
1) - Sempre guardando in casa nostra: il codice etico del PD va
cambiato all’art 5 commi 1 e 2. Neppure gli indagati, anche se non ancora
rinviati a giudizio, possono essere
candidati, altro che i condannati non ancora con sentenza definitiva. Poi, alla
fine delle indagini, se dimostrano di essere a posto sarei anche disponibile a
scrivere una norma che garantisca a queste persone la candidatura “di diritto”
alla prima tornata elettorale utile…ma fino ad allora non scherziamo. Anche
qui: non è né moralismo ipocrita né falso garantismo. È opportunità e
responsabilità politica. Ripeto: se no si può benissimo andare a fare altro. La
politica non è un obbligo per nessuno, tanto più l'assumere funzioni pubbliche. Non sarebbe male se dai “mitici”
territori venisse una raccolta firme per la sua modifica rivolta al PD
nazionale.
2) - la mia prima esperienza
romana per conto della Regione è stata proprio al MIT, alla Struttura Tecnica
di Missione, il 20 luglio 2010, variante di valico dell’A1, bretella di
Firenzuola. Davanti a me Ercole Incalza. Ne sono seguite altre presso lo stesso
MIT e presso la struttura tecnica di missione, perché era parte del mio lavoro
e perché la Toscana ha aperte partite infrastrutturali importantissime ma
vittime di questi meccanismi da “balla coi lupi”. Qualche amico mi ha chiesto
che impressione ne avessi. Ovviamente di nessun illecito dalla mia
parzialissima visuale. Ma da ragazzotto di campagna, al di là di una cordialità
esemplare, la sensazione è sempre stata quella del perpetuarsi di un tempo
passato. Che era bene terminasse.
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