Questo è quello che gli ho risposto.
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San Gimignano 16/06/2015
Caro Raffaello,
ho ricevuto la tua lettera ed
intendo risponderti sia come cittadino, nato e cresciuto qui, sia come
Sangimignanese chiamato, pro tempore, a svolgere il ruolo di Consigliere nel
nostro Consiglio Comunale.
Per il ruolo istituzionale che mi
compete ti assicuro che quanto da te segnalato sarà per parte nostra portato
all’attenzione di tutto il Gruppo consiliare a cui appartengo (“Centrosinistra
per San Gimignano”), così come siamo abituati a fare con ogni segnalazione che
ci arriva dai nostri concittadini. Del resto anche questo è uno dei nostri
compiti di amministratori pubblici.
Nel merito intendo però dirti
come la penso.
Penso che la nostra città “sogno
del medioevo” e oggi patrimonio dell’Unesco non possa e non debba ridursi ad
icona stanca del passato, oppure alla sua caricatura. Che sarebbe pure peggio.
Così come credo che, specialmente
in rapporto alla e con l’arte contemporanea, la nostra città non debba piegarsi
ad essere terreno di conquista di soli criteri e gusti globalizzati.
Occorre equilibrio. Mi verrebbe
da dire un equilibrio “complesso”, per fare una battuta e rimanere in tema se
penso all’opera di Eliseo Mattiacci nella Rocca, la ‘mitica’ longarina per noi
Sangimignanesi.
Penso, seriamente, che San
Gimignano vada difesa e valorizzata nella sua contemporaneità.
Mi spiego meglio: ci piaccia o no
non siamo ‘solo’ medioevo”. Anche se, evidentemente, siamo ‘soprattutto’
medioevo.
Se non accettassimo questa
visione rinnegheremo, a mio avviso, l’idea stessa di città.
Che non è mai un qualcosa di
statico, di fisso, di immutabile. Tutt’altro! E neppure San Gimignano, con la
sua storia, sfugge a questa regola del tempo.
Pertanto penso e vorrei una città
in cui antico e contemporaneo possano convivere, confrontarsi e, perché no?,
confrontarsi e scontrarsi. La storia degli ultimi 20 anni circa, quelli che per
capirci hanno sostanzialmente visto
installarsi in spazi aperti della città opere, sculture, ceramiche ed
installazioni varie ci dicono proprio questo.
Personalmente vorrei che fosse ancora
così in futuro.
Vorrei una città in cui, pur non
condividendo sempre gusti, tendenze, criteri e scelte di quella che per convenzione
chiamiamo arte contemporanea, ci si possa comunque incuriosire per un’opera
moderna o contemporanea. Insomma: preferisco il movimento alla staticità, la
possibilità di vedere/conoscere qualcosa di nuovo, anche nel suo rapporto con
il passato, rispetto alla sola celebrazione medievale. Poi va da sé, non
potrebbe essere altrimenti del resto, che la nostra storia deve essere tutelata
e mantenuta nella sua monumentalità, mantenuta efficiente non solo per le foto
dei milioni di turisti, graditissimi, ma anche per le esigenze di vita
quotidiana di noi sangimignanesi, nonché indagata sotto il profilo degli studi
medievali.
E tuttavia: se è vero, come è
vero che il Palazzo Comunale, la Pinacoteca e la Torre Grossa rappresentano ciò
che siamo stati, i Musei civici di Santa Chiara, ad esempio, rappresentano ciò
che siamo. Proprio ciò che tu segnali, semmai, consolida una convinzione che ho
maturato da tempo: quella della necessità di disegnare, oltre alle più o meno
apprezzabili iniziative private nella nostra Città - di cui ciascuno può avere
la propria opinione -, una politica pubblica anche per l’arte contemporanea a
San Gimignano. Occorre porsi il tema della contemporaneità e della promozione
dell’arte contemporanea anche nella città delle torri. E non lo dico a caso. A
dirlo, direi meglio a chiedercelo, è il nostro straordinario patrimonio, intendo
dire in relazione alle dimensioni del nostro Comune, di opere d’arte moderna e
contemporanea. In parte custodito nella Galleria “De Grada”, di recente
arricchitasi con le donazioni oggetto della collezione “Novecento” (tuttora in
esposizione presso la Galleria stessa), in parte esposto nella nostra città.
Per non parlare dell’interesse che suscita e fisicamente movimenta questo
settore dell’arte, portando a San Gimignano flussi che forse, e dico forse, qua
non verrebbero.
Ma, a ben leggere la tua lettera,
su questo punto potremmo trovarci d’accordo.
Quanto all’altra questione che tu
poni, quella del Centro storico a supporto irreversibile di opere contemporanee,
è certamente un tema concreto su cui si potrebbe discutere a lungo. E le
opinioni moltiplicarsi all’ennesima potenza. Per quanto mi riguarda non sono
contrario a prescindere, anzi. Quello che condivido della tua segnalazione, su
cui ragionerei seriamente, è semmai se tutti i luoghi di tutto il Centro Storico
possano o debbano ospitare permanentemente opere di questa natura. Su questo si
può discutere e credo che troveremmo anche una soluzione condivisa. Sono molto disponibile
a farlo, è un tema da non banalizzare.
Così come non avrei nulla in
contrario a discutere o a ri-discutere con i privati, proprietari dell’opera,
condizioni per l’esposizione delle loro opere nella nostra Città. Anche se va
da sé che, nella stragrande maggioranza dei casi, queste opere non sono di
privati ma del patrimonio pubblico, dunque di noi tutti. Ci sono poi molti
fattori da tener di conto. C’è chi, ad esempio, sostiene che non sempre la
città che ospita o, meglio, il luogo prescelto per la collocazione dell’opera,
dia lustro all’opera scelta ma che anzi, spesso, avvenga esattamente il
contrario. Anche se si tratta di città importanti come la nostra. Così come va
ricordato come, in molti casi, l’opera stessa nasca e sia pensata/ideata/progettata/realizzata proprio per
‘un luogo’, anzi nel nostro caso per ‘quel luogo specifico’. (Per fare un
esempio a San Gimignano basti pensare all’intervento di Anish Kapoor e la sua “Underground”
all’interno dello spazio di quello che chiamiamo “torrino dei frati” in
Sant’Agostino, ma che proprio un torrino non lo è. Lo conosco bene perché il
mio nonno Foscaro lì teneva l’orto dei frati e fin da ragazzo non l’ho mai
visto utilizzato. Oppure potremmo pensare agli altrettanto famigerati “omini di
ferro”, che anche a San Gimignano hanno fatto una sporadica apparizione, per
quanto suggestiva a mio giudizio. Si tratta delle opere di Antony Gormley che,
recentemente oggetto anche di una bella installazione al forte di Belvedere a
Firenze, pur non essendo pensate solo per San Gimignano, avevano trovato
collocazione temporanea in luoghi specifici del Centro Storico, “strategici”
per il messaggio che l’artista e le stesse opere intendevano lanciare. E che a
me, lo dico sinceramente, avrebbe fatto piacere se almeno una avesse trovato
pianta stabile in un luogo altrettanto “strategico” del nostro Centro una volta
terminata la mostra).
Su una cosa sarò invece più
netto. Non credo che ci sia da parte di nessuno, da parte mia senza alcun
dubbio nella duplice veste di cittadino-amministratore, così come penso da
parte di chi esprime oggi il governo delle città nessuna volontà di “vendere in qualche modo San Gimignano”,
nessuna “arrendevolezza compiacente delle
autorità locali”, tantomeno un “inqualificabile
modo di cedere l’immagine dei monumenti di San Gimignano”, per citare
testualmente la tua lettera.
Io vedo, semmai, un continuo
impegno a trovare un giusto equilibrio tra più esigenze. Non ci sono libretti
di istruzione per queste cose e si deve riuscire ad essere tutto fuorché
settari, trovando invece mediazioni rispettose delle varie sensibilità. Cosa
oggettivamente non facile, lo riconosco, che può portare anche a qualche
scivolone. E sopra ho spiegato come si possa e di debba discutere se ogni luogo
di tutto il Centro storico possa o debba ospitare installazioni. La discussione
si può fare e sono pronto a farla.
Tuttavia l’idea che San Gimignano
sia preda o alla mercé di qualche potente di turno, gallerista o artista che
sia, credo non corrisponda alla realtà. E’ un rischio che ci può essere, voglio
essere chiaro, come può sempre esserci, ad esempio, quello dei continui
appetiti speculativi per le nostre campagne. Ma credo che oggi, questa non sia
la realtà. Prova ne sia la vicenda dell’opera di Kosuth, “La sedia davanti alla
porta”, che oggi trova collocazione nella piazza del Bagolaro davanti al centro
diurno in via Folgore da San Gimignano, ma che l’artista aveva collocato sotto
la Loggia coperta, per capirci, in piazza del Duomo ma che poi da lì è stata
spostata, secondo me giustamente, proprio al “Bagolaro”.
Infine e per concludere, in
relazione all’ipotesi di inserimento di ulteriori opere in un “torrino” della
Rocca, nessuna oscura trama. Nessun sotterfugio o operazione al buio, alla
faccia magari degli ignari cittadini, noi compresi. Da quel che mi risulta, so
e mi ricordo, le ultime acquisizioni al patrimonio pubblico del Comune di San
Gimignano sono:
- le 13 opere, tra i massimi
esponenti della pittura italiana del Novecento, oggetto della donazione della
famiglia Pacchiani, che trovano collocazione stabile nella Galleria “De Grada”
(oggi sono esposte all’interno della mostra “Novecento: una donazione” aperta
fino al 30 agosto);
- l’opera di Kiki Smith (Clare L.
Smith) di New York dal titolo“Yellow girl”, ceramica, tempera, vetro, luci e legno.
Quest’ultima è stata acquisita al patrimonio pubblico con deliberazione del
Consiglio Comunale del 28/01/2014, in seguito alla proposta di donazione
dell’artista. Valore commerciale dell’opera quasi 100.000 euro. Lo stesso atto,
pubblico, trasparente, preso dal massimo organo di rappresentanza cittadina tra
l’altro all’unanimità, prevede tra le altre cose la “collocazione
permanente presso il “torrino” situato all’interno della Rocca di
Montestaffoli, previa autorizzazione in tal senso da parte delle competenti
Commissione comunale per il paesaggio e competente Soprintendenza, o ad altro
eventuale luogo comunque convenuto fra donatore e donatario”. Non conosco a
che punto sia l’iter per la collocazione dell’opera, so però per certo che la
competente Soprintendenza è già stata interessata per il parere. Immagino che
tu ti riferisca a questa opera nella tua lettera.
Nel caso specifico, e certo non
per una ottusa difesa di una scelta che ho votato, trovo che la collocazione
non sia affatto disastrosa, anzi più che dignitosa per l’opera e per lo stesso
“torrino” che la ospiterà al suo interno (per capirci: non “il torrino della
Rocca” che siamo abituati a conoscere ed a chiamare così a San Gimignano,
quello con le scale, ma quello in fondo a sinistra dello schermo del cinema una
volta, sempre per intenderci. Se ci ricordiamo come era tenuto e a cosa serviva
il torrino in questione credo che converrai con me che il miglioramento e la
valorizzazione anche di quella piccola porzione della Rocca sia tangibile,
oltre ad un inserimento non “invasivo” dell’opera stessa).
Questo è quel che penso, è la mia
opinione. Da amministratore pubblico,
invece, so bene che si deve andare oltre le opinioni personali e trovare metodo
e criteri condivisi. E, come credo di aver spiegato, questo è un ragionamento
che si può fare.
.
Spero di averti risposto su tutto
e resto naturalmente a disposizione per ulteriori chiarimenti o confronti.
Andrea
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