Pubblicato anche per l'Italia il Riesame dell'attuazione delle politiche ambientali dell'UE.
Si fa un gran parlare delle possibili procedure di
infrazione per lo sforamento dei parametri economici stabiliti per la UE, ma si
dimenticano troppo spesso le procedure di infrazione già aperte, e quelle che
verranno sicuramente, in materia ambientale.
Le principali sfide in relazione all'attuazione in Italia delle politiche e della normativa ambientali dell'UE restano, ancora:
- migliorare la gestione dei rifiuti e le infrastrutture
idriche, così come il trattamento delle acque reflue, che rappresentano delle
preoccupazioni persistenti, in particolare, nel Sud Italia;
- migliorare la gestione dell'utilizzazione del suolo, delle
alluvioni e dell'inquinamento atmosferico nelle regioni centrali e
settentrionali (lo smog killer di queste settimane è a lì a ricordarcelo un
filino).
Qui il rapporto:
http://ec.europa.eu/environment/eir/pdf/report_it_it.pdf
Proprio venerdì scorso ho partecipato alla assemblea provinciale degli Ecologisti Democratici, associazione di persone fuori e dentro il PD che si batte perché le politiche ambientali diventino il comune denominatore delle scelte pubbliche. Soprattutto a e da sinistra.
Stando al mio campo continuo a pensare che, nonostante
fosse uno dei pilastri su cui abbiamo costruito il PD, questa scelta politico-culturale
sia ancora ben lontana dal potersi ritenere acquisita.
Nel giugno del 2013 la nostra associazione pubblicò il
manifesto: “Il futuro dell’Italia ha un cuore verde”. Sottotitolo: "Un new deal ecologico per uscire dalla crisi".
Ebbene, da allora ci
sono stati dei singoli provvedimenti, di alcuni abbiamo discusso anche alla
Festa Ecodem a San Gimignano nel 2015 (reati ambientali, agenzie ambientali,
spreco alimentare, collegato ambientale alla finanziaria 2016, etc...).
Ma continua a mancare la cornice strategica in cui tutte queste singole azioni si inquadrano.
Serve politicamente di rendere esplicita, traducendola nero su
bianco, quella scelta di fondo di fare della green economy e dell’economia circolare
la cornice in cui incardinare tutte le politiche pubbliche.
Il così detto “Green
Act” poteva e doveva essere questa occasione. Ma si è perso tra un “ciaone” post referendum trivelle e
lo sblocca Italia. Tristezzza.
A quelli che continuano a dire che un congresso del PD
non serve, così come non servirebbe una conferenza programmatica, cioè
confrontarsi sul programma – appunto – delle cose da fare, soprattutto alla luce di tutto ciò che è successo in questi tre anni di larghe intese, dico che è vero esattamente il
contrario: servirebbe, eccome, anche in virtù dell’affanno in cui si è cacciato
il nostro partito.
Ho il leggerissimo sospetto che iscritti, simpatizzanti e semplici cittadini siano decisamente più interessati a parlare delle cose da fare e del come farle, che riproporre le coalizioni inconcludenti o le scissioni che inevitabilme il sistema proporzionale rimette in moto.
Il Partito Democratico non è nato solo per unire forze
politiche e tradizioni progressiste che vengono del ‘900. E’ nato per dare voce
e forza al riformismo del 21° secolo. Ma non c’è riformismo possibile, oggi più
di quanto dicevamo allora, se non mette al centro le sfide dell’ambiente, della sostenibilità
dello sviluppo, della conversione ecologica dell’economia. Che è poi anche una formifabile occasione di creazione di posti di lavoro e di produzione di reddito.
E’ per queste scelte di campo che vale la pena ancora
battersi e contribuire, finalmente, a determinare un profilo politico-identitario
del PD più marcato di quanto fatto in questi tre anni, anche in materia di
strategia energetica e climatica nazionale. Non ci sono alternative.
Ce lo ricorda e ce lo chiede di recente anche il Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza
Energetica), associazione che raccoglie veriea associazioni attive in tali settori, oltre
a vari Enti e Associazioni. E lo fa con un approccio "bottom-up", giustamente e finalmente, con una strategia dal basso verso l'alto, per coinvolgere cittadini ed istituzioni in un percorso di crescita sulla necessità di affrontare con decisione la crisi energetico-ambientale ed anche per far maturare la consapevolezza della necessità di assumersi, a tutti i livelli, responsabilità condivise.
E' possbile, è stato fatto in altri paesi europei. E' l'ora di farlo sul serio anche da noi.
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