Tranne che quando scrive di San Gimignano Montanari ha
spesso ragione. La primavera scorsa ebbi
infatti a replicare ad un suo articolo sul Fatto Quotidiano sulla nostra città,
molto frettoloso ed altrettanto superficiale, zeppo di luoghi comuni. La cosa
mi colpì perché ho stima di lui e, spesso, di cosa scrive.
Come un suo recente articolo che parla della proposta (non
ho capito avanzata da chi) di prestare gratuitamente le opere d’arte chiuse nei
musei agli alberghi per esporle. Si proprio così.
L’articolo è interessante
perché dà l’occasione di riflettere su quale politica culturale sta dietro ad una
proposta simile. Mentre in tutto il mondo i privati concorrono a mantenere il
patrimonio culturale pubblico non sostituendosi allo Stato, ma aiutandone l’azione,
cioè quello che si chiama da sempre mecenatismo, da noi no. E c’è chi vorrebbe
fare esattamente il contrario. Già nel nostro Paese, come fa giustamente
rilevare l’autore, abbiamo aperto alle sponsorizzazioni dei privati, operazioni
commerciali che fanno leva sul patrimonio pubblico. Si potrà storcere il naso
ma, credo, si tratta di un meccanismo ancora sopportabile. Quello che invece
non lo sarebbe è andare addirittura oltre: lo Stato che fa il mecenate per i
privati (a costo zero? Con quali garanzie per la conservazione e la sicurezza?
Un bene pubblico ad esclusivo beneficio dei pochi privati che frequentano
l’hotel di lusso?).
La cosa dà da pensare. Soprattutto quando poi leggo che in
Italia, quasi come l’altra faccia della stessa medaglia e con buona pace di
Tremonti, con la cultura si mangia eccome. Il sistema produttivo del comparto
cultura vale 80 mld di euro (tra no profit e pubbliche amministrazioni), che
attiva 134 mld di euro con una filiera culturale di 214 mld di euro; nonostante
la crisi l’export del settore è aumentato (era di 30 mld di euro nel 2009 è
arrivato nel 2013 a
41,6 mld di euro); 289mila occupati in Lombardia, 160mila nel Lazio e nel
Veneto, 107 mila in Toscana, 60mila in Sicilia e migliaia di imprese culturali
nel nostro Paese. A dirlo è stato il recente rapporto “Io sono cultura.
L’Italia della qualità e della bellezza”, fatto da Symbola.
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