venerdì 20 marzo 2015

Il ballo dei Lupi senza disciplina e senza onore



Penso semplicemente che il Ministro Lupi farebbe bene a dimettersi. E, almeno a quello che ho sentito stamani in radio, è quel che farà. Un sussulto di pudore. 
Non è indagato, ed è innocentissimo. Ma non è un cittadino qualunque. Chi fa politica e, soprattutto, rappresenta lo Stato e le istituzioni democratiche, queste cose le sa o, almeno, dovrebbe saperle.
E’ intollerabile ed inammissibile che la difesa di una struttura tecnica (per quanto di missione!) e del suo massimo dirigente, tale da minacciare addirittura la caduta di un Governo, siano preminenti rispetto al diritto dei cittadini ad avere un’amministrazione dello Stato economica, efficace, efficiente ed imparziale. In altre parole, che la difesa di un dirigente e della sua struttura tecnica venga prima dell’interesse generale di non vedere sprecati ed impastoiati i soldi dei contribuenti. Per non dire del tanfo del “piacerino” di Stato ai soliti (ed amicissimi) noti.

Non si tratta né di moralismo, né di giustizialismo. Per me Lupi non ha compiuto reati. Ma ha fatto quello che un politico che ha funzioni pubbliche e rappresenta le istituzioni non deve mai fare. Per questo è bene che se ne vada e alla svelta. E’ bene che lasci perché, anche se non indagato ed onestissimo, è venuto meno, in qualità di cittadino a cui sono affidate funzioni pubbliche a quello che chiede la Costituzione (art. 54): che impone ai cittadini come lui “il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Lupi, da Ministro, ha pure giurato su questa roba.

Non c’è più, da quello che si è letto, né disciplina né onore.
Restano solo due parole ed un aggettivo: opportunità e responsabilità politica.
Fare politica, occuparsi dei cittadini e della cosa pubblica, rappresentare le istituzioni (che sono costate sacrifici e sangue perché fossero davvero di tutti) è una cosa serissima.
E farlo non te lo ordina il dottore. E se non c’è più disciplina e onore, tra difese di dirigenti che hanno fatto il loro tempo, di sudditanza della politica alla burocrazia, rolex per scandire il tempo di meccanismi oliati sempre dai soliti, abiti regalati per far bella figura, viaggetti, lavoretti e collocamenti di figli e figliastri, si può andare tranquillamente a fare altro. Verrà un altro Ministro, non ci preoccupiamo.

***
A ben vedere, smaltita l’incazzatura nel dover assistere ancora oggi a queste cricche, ci sarebbero da fare almeno un paio di considerazioni.

La prima. Chi si occupa un po’ di infrastrutture non può fare a meno di notare come la sudditanza della politica alla burocrazia sia diventata emblematica. In cui l’indirizzo politico non indirizza proprio un bel niente a livello centrale, anzi si fa dettare l’agenda (i programmi politici?) da chi ha in mano la storia più o meno recente delle grandi opere in questo Paese. In questo una legislazione farraginosa e instabile, dà una mano incredibile. Proprio quella legislazione prodotta da quell’indirizzo politico così debole. Una delle più colossali prese per il culo italiane è il Codice degli appalti. Miliardi di articoli, dal 2006 ad oggi, cambiati dal Legislatore più di 600 volte. E ancora non è finita, perché ancora c’è da adeguarsi alle più recenti direttive europee. Risultato? Un sistema che non funziona. E a dimostrare che non funziona è lo Stato stesso che, guarda un po’, quando deve appaltare grandi opere va a trattativa privata. Poi se i costi aumentano e in tanti ci mangiano qualcuno pagherà. Così come non può essere taciuto il fallimento della legge obiettivo, 2001, e dei relativi allegati infrastrutture alle varie leggi di stabilità. Nata anche con uno scopo  nobile (individuare la opere infrastrutturali strategico di interesse nazionale), stabilendone priorità, procedure , tempistiche e modalità di finanziamento si può dire che ha fatto flop. Si sono riempiti gli Allegati infrastrutture, regione per regione, di opere, illudendo piogge di miliardi che non sono arrivati, creando una struttura tecnica di missione alle dirette dipendenze del Ministro e sganciata dalla direzione generale del Ministero. Struttura che peraltro, è il caso di dirlo dopo quello che si legge, ha smarrito ben presto la sua missione. Leggi più chiare, trasparenza assoluta, semplificazione procedurale e turn over dei dirigenti possono dare una mano ad invertire la rotta? Chi può dirlo. Ma è chiaro come oggi l’inerzia ed il grigiore non possano essere una risposta. E poi c'è la gigantesca questione culturale che deve accompagnare questo processo di cambiamento. Se non si parte dall'educazione, dalla formazione alla legalità tutto si ridurrà al clamore mediatico. Ma poi, spenta la tv o la sbecerata su facebook, ognuno tornerà bel bello a fare cme faceva prima. Tanto cosa vuoi che succeda? (Invito a leggere "Lettera a un figlio su Mani pulite" di Gherardo Colombo, tanto per farsi un'idea).

La seconda. Riguarda inevitabilmente la politica. Bene Cantone all’Autorità nazionale Anticorruzione. Ma non basta. In attesa che arrivi il sol dell’avvenire in questo Paese, quando cioè sarà culturalmente un valore condiviso il rispetto delle regole, soprattutto tra quelli con responsabilità pubbliche, è intollerabile e fastidioso per il comune cittadino il tentennare su alcuni passaggi decisivi. E questo tentennare riguarda sia il Governo sia il Parlamento. Il “daspo” ai corrotti che fine ha fatto? Il falso in bilancio? La stessa modifica del codice degli appalti, a quando? La legge anticorruzione che langue da due anni in Parlamento? Sono abbastanza stufo di vedere, tra i vari balbettii, ogni tanto anche il PD. Per quel vizio che ho di guardar bene in casa mia prima di parlare degli altri, lo trovo inaccettabile. Ci sono dei valori, etici, morali e politici che stanno alla base di un partito come il nostro, per cui l’abbiamo fondato, sui quali non si può tentennare. Certo: ora lo sport nazionale è dare la colpa al PD di ogni cosa e sappiamo che così non è (anche se noi ci mettiamo del nostro: prima la smettiamo di governare con Ncd e gli altri meglio è, ad esempio), ma in Parlamento e al Governo ci sono soprattutto le nostre bandiere (e come ci siamo andati è un'altra pagina trsite). E allora basta. Perché se no arriva il sospetto che le primarie in Liguria e i De Luca in Campania non siano clamorosi scivoloni, ma un arretramento culturale e politico per me inaccettabile. Io non ci sto a passare a prescindere per il “partito facilita corrotti”, perché ho fondato questo partito con milioni di persone con tutt’altro ideale: quello di mettere insieme le esperienze migliori delle politiche riformatrici delle culture socialiste, comuniste, del cattolicesimo democratico e del moderno ambientalismo per cambiare il quadro politico ed istituzionale di questo Paese sulla base dei valori di quelle culture. Valori che affondano le loro radici nella legalità, nella moralità della politica, nel rispetto delle istituzioni e saldamente ancorati al dettato costituzionale.  Non prendiamoci più in giro: se non ha le caratteristiche della necessità ed urgenza la corruzione in questo Paese, tale da giustificare una decretazione d’urgenza da parte del Governo, allora davvero che vincano i Lupi e i loro balli. Ma che governino da soli.

***
In conclusione due riflessioni personali:
1) - Sempre guardando in casa nostra: il codice etico del PD va cambiato all’art 5 commi 1 e 2. Neppure gli indagati, anche se non ancora rinviati a giudizio,  possono essere candidati, altro che i condannati non ancora con sentenza definitiva. Poi, alla fine delle indagini, se dimostrano di essere a posto sarei anche disponibile a scrivere una norma che garantisca a queste persone la candidatura “di diritto” alla prima tornata elettorale utile…ma fino ad allora non scherziamo. Anche qui: non è né moralismo ipocrita né falso garantismo. È opportunità e responsabilità politica. Ripeto: se no si può benissimo andare a fare altro. La politica non è un obbligo per nessuno, tanto più l'assumere funzioni pubbliche. Non sarebbe male se dai “mitici” territori venisse una raccolta firme per la sua modifica rivolta al PD nazionale.

2) - la mia prima esperienza romana per conto della Regione è stata proprio al MIT, alla Struttura Tecnica di Missione, il 20 luglio 2010, variante di valico dell’A1, bretella di Firenzuola. Davanti a me Ercole Incalza. Ne sono seguite altre presso lo stesso MIT e presso la struttura tecnica di missione, perché era parte del mio lavoro e perché la Toscana ha aperte partite infrastrutturali importantissime ma vittime di questi meccanismi da “balla coi lupi”. Qualche amico mi ha chiesto che impressione ne avessi. Ovviamente di nessun illecito dalla mia parzialissima visuale. Ma da ragazzotto di campagna, al di là di una cordialità esemplare, la sensazione è sempre stata quella del perpetuarsi di un tempo passato. Che era bene terminasse.

lunedì 16 marzo 2015

Salvare la Pro Loco, senza sproloquio



In questi giorni si discute del futuro della Pro Loco e, soprattutto, della capacità/possibilità di continuare a gestire l’ufficio turistico tramite la turrita associazione.
Non sono d’accordo con chi dice che questo stia avvenendo nell’indifferenza generale. C’è chi se ne sta occupando (l’Amministrazione comunale, qualche associazione di categoria, alcuni associati alla stessa Pro Loco) cercando di trovare una soluzione.
Semmai, a me pare, quello che non c’è ancora è una consapevolezza piena e diffusa, soprattutto nel mondo turistico e del commercio, delle opzioni in campo con le relative conseguenze.
Non è il problema di andare a gara. Di gare se ne fanno tante, anche per aspetti e servizi forse più importanti.

Il tema su cui discutere semmai, e su cui poi decidere, non è tanto se avremmo ancora un ufficio turistico, ma come lo vorremmo anche in futuro e gestito da chi.
Ebbene, tra il modello della gara con offerta del servizio ad un soggetto miglior offerente, ed il modello attuale, quello gestito dalla locale associazione  Pro Loco, non ho dubbi: ad oggi preferisco il secondo. 
Cioè quello che garantisce due caratteristiche importanti: quella della pubblicità (si risponde all’interesse pubblico che, nel caso di specie, è fare l’interesse dell’intero settore turistico locale e non solo di quello che “tira” di più) e dell’universalità (la Pro Loco serve a tutti, ci si accede tutti, collabora con tutti e non solo con chi paga ed offre di più).

Sulla base di queste due caratteristiche ed in considerazione della natura del servizio offerto a San Gimignano ed agli operatori (in larga parte gratuito), ed in considerazione della grandissima dispersione sia numerica sia in termini di interessi contrapposti dei privati che operano a San Gimignano nel turismo, una gestione esterna vedrebbe concretizzarsi il rischio di un soggetto volto più a promuovere ciò che può generare profitto, che ciò che davvero serve alla nostra città. Così come una gestione tra soli privati, oltre a prestarsi alla medesima possibile distorsione rischia di fallire, laddove nel recente passato altre esperienze hanno già fallito. 
In più: la crisi ha dimostrato che è tempo di unire le forze, pubbliche e private, perché il “fai da te”, ognuno per il suo settore, oltre a non pagare non è più sostenibile.  Serve dunque continuare con l’impegno pubblico per la promozione di San Gimignano, a prescindere dal tipo di collaborazione e dalla forma giuridica.
Così come occorre, non ci giriamo intorno, che le partita iva e gli operatori turistici, dall’alberghiero all’extra alberghiero, dall’agriturismo al commercio al dettaglio concorrano alla sostenibilità della gestione dell’ufficio turistico. I dati sull’adesione alla Pro Loco del nostro sistema sono a dir poco imbarazzanti. Se va bene, appena un terzo degli operatori. Nonostante ciò la Pro Loco, al netto della contribuzione massima possibile del Comune, recupera con i propri servizi e le attività associative oltre l’85% dei propri costi. Possibile che non si riesca (voglia) a coprire con il mondo imprenditoriale quel 15% di costi?  Basterebbe una quota associativa sottoscritta da parte di tutti per colmare già di molto il divario. Impossibile farlo?

Si dice, correttamente, che non tutti gli operatori hanno le stesse esigenze. Lo sappiamo.
Così come sappiamo delle diverse tipologie di attività che costituiscono il variegato mondo turistico sangimignanese: l’esigenza dell’albergo non può essere quella del negoziante di souvenir. Ri-siamo d’accordo. Così come non sfugge la richiesta di un ulteriore salto di qualità degli operatori della Pro Loco, che pure già oggi fanno un gran lavoro e che, da qualche mese, sono anche part-time a causa delle difficoltà economiche. Ma risiamo lì. Senza la contribuzione di tutti, mondo turistico sangimignanese compreso, ri-siamo punto e a capo. Senza colmare le (tutto sommato relative) difficoltà economiche causate soprattutto dalla fine di diverse attività a pagamento che l’ufficio predisponeva (es: il cambio valuta, la pubblicità sulle carte cittadine), ri-siamo al cane che si morde la coda: niente sostenibilità, niente salto di qualità, meno servizi, orari di apertura ridotti e più danni all’immagine e all’intero settore.

E invece, per finire, dovrebbe essere proprio ora il momento di dimostrare che a questa città si può anche dare, invece di prendere e basta (come spesso accade in verità). Proprio ora che anche la legge regionale di riordino delle competenze delle province (in attuazione della Legge “Del Rio”), affida ai Comuni “le funzioni in materia di turismo, a esclusione della formazione professionale degli operatori turistici e della raccolta dei dati statistici” e che tali “funzioni …sono trasferite ai Comuni, che le esercitano obbligatoriamente in forma associata, negli ambiti di dimensione adeguata di cui all’allegato A alla l.r. 68/2011. La funzione è esercitata mediante convenzione tra tutti i Comuni dell’ambito di dimensione territoriale adeguata ovvero mediante unione di comuni”.
Cioè, per uscire dal burocratese, proprio quando si riapre la possibilità di una promozione/valorizzazione/gestione turistica in capo ai comuni, seppure in forma associata.
Ora: se pensiamo alla Val d’Elsa, con tutto il rispetto per i nostri comuni limitrofi, chi volete che possa candidarsi, anche forte dell’esperienza sviluppata in questi lunghi anni dall’ufficio turistico gestito dalla Pro Loco, a fare il capo fila di una simile evoluzione? Chi volete che abbia capacità, competenze, esperienza, numeri e anche la voglia (oltre all'interesse) di tirare le fila di questo discorso? Tocca a noi, a San Gimignano, mettere le proprie competenze a disposizione della Val d'Elsa. Per essere la porta della Val d’Elsa ed il soggetto che tiene a sistema la nostra area. Non si tratta di farci pagare dagli altri comuni il gap di cui abbiamo detto. A quello dobbiamo pensarci da soli, come ho provato a spiegare: il pubblico (che già lo fa per intero) e il privato (che lo fa in parte, come abbiamo visto dai numeri). Si tratta, ancora una volta, di unire le forze, per il bene della promozione turistica di San Gimignano e della Val d’Elsa.

***

PS: per la cronaca sono in conflitto di interessi. Sono socio Pro Loco, ho un affittacamere con ditta individuale dal 1999, pago da sempre la quota associativa all’associazione, così come da sempre pago il canone alla Pro Loco per essere ospitato sul portale sangimignano.com (che fa migliaia di contatti e che è l’unica forma di promozione che ho lasciato in piedi quando ho ridotto ad una sola camera con bagno la mia attività), così come ho sempre pagato, ad esempio, la quota associativa per le luminarie natalizie, per dirne una, anche quando sotto casa mia le luci non ce le mettevano, nemmeno nella piazza in cui svolgo l’attività. Certo un po' dspiaciuto, ma senza lamentarmi troppo. Anzi con l’orgoglio e la convinzione che, almeno finché è sostenibile l'operazione, si debba ogni tanto anche dare a questa città, senza prenderne soltanto.