martedì 7 febbraio 2017

UNA STRATEGIA ENERGETICO-CLIMATICA PER L’ITALIA



Pubblicato anche per l'Italia il Riesame dell'attuazione delle politiche ambientali dell'UE.
Si fa un gran parlare delle possibili procedure di infrazione per lo sforamento dei parametri economici stabiliti per la UE, ma si dimenticano troppo spesso le procedure di infrazione già aperte, e quelle che verranno sicuramente, in materia ambientale.

Le principali sfide in relazione all'attuazione in Italia delle politiche e della normativa ambientali dell'UE restano, ancora:
- migliorare la gestione dei rifiuti e le infrastrutture idriche, così come il trattamento delle acque reflue, che rappresentano delle preoccupazioni persistenti, in particolare, nel Sud Italia;
- migliorare la gestione dell'utilizzazione del suolo, delle alluvioni e dell'inquinamento atmosferico nelle regioni centrali e settentrionali (lo smog killer di queste settimane è a lì a ricordarcelo un filino).

Qui il rapporto: http://ec.europa.eu/environment/eir/pdf/report_it_it.pdf

Proprio venerdì scorso ho partecipato alla assemblea provinciale degli Ecologisti Democratici, associazione di persone fuori e dentro il PD che si batte perché le politiche ambientali diventino il comune denominatore delle scelte pubbliche. Soprattutto a e da sinistra. 
Stando al mio campo continuo a pensare che, nonostante fosse uno dei pilastri su cui abbiamo costruito il PD, questa scelta politico-culturale sia ancora ben lontana dal potersi ritenere acquisita.

Nel giugno del 2013 la nostra associazione pubblicò il manifesto: “Il futuro dell’Italia ha un cuore verde”. Sottotitolo: "Un new deal ecologico per uscire dalla crisi". 

Ebbene, da allora ci sono stati dei singoli provvedimenti, di alcuni abbiamo discusso anche alla Festa Ecodem a San Gimignano nel 2015 (reati ambientali, agenzie ambientali, spreco alimentare, collegato ambientale alla finanziaria 2016, etc...).


Ma continua a mancare la cornice strategica in cui tutte queste singole azioni si inquadrano. 
Serve politicamente di rendere esplicita, traducendola nero su bianco, quella scelta di fondo di fare della green economy e dell’economia circolare la cornice in cui incardinare tutte le politiche pubbliche. 
Il così detto “Green Act” poteva e doveva essere questa occasione. Ma si è perso tra un “ciaone” post referendum trivelle e lo sblocca Italia. Tristezzza.

A quelli che continuano a dire che un congresso del PD non serve, così come non servirebbe una conferenza programmatica, cioè confrontarsi sul programma – appunto – delle cose da fare, soprattutto alla luce di tutto ciò che è successo in questi tre anni di larghe intese, dico che è vero esattamente il contrario: servirebbe, eccome, anche in virtù dell’affanno in cui si è cacciato il nostro partito. 
Ho il leggerissimo sospetto che iscritti, simpatizzanti e semplici cittadini siano decisamente più interessati a parlare delle cose da fare e del come farle, che riproporre le coalizioni inconcludenti o le scissioni che inevitabilme il sistema proporzionale rimette in moto.

Il Partito Democratico non è nato solo per unire forze politiche e tradizioni progressiste che vengono del ‘900. E’ nato per dare voce e forza al riformismo del 21° secolo. Ma non c’è riformismo possibile, oggi più di quanto dicevamo allora, se non mette al centro le sfide dell’ambiente, della sostenibilità dello sviluppo, della conversione ecologica dell’economia. Che è poi anche una formifabile occasione di creazione di posti di lavoro e di produzione di reddito.

E’ per queste scelte di campo che vale la pena ancora battersi e contribuire, finalmente, a determinare un profilo politico-identitario del PD più marcato di quanto fatto in questi tre anni, anche in materia di strategia energetica e climatica nazionale. Non ci sono alternative.

Ce lo ricorda e ce lo chiede di recente anche il Coordinamento FREE (Coordinamento Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), associazione che raccoglie veriea associazioni attive in tali settori, oltre a vari Enti e Associazioni. E lo fa con un approccio "bottom-up", giustamente e finalmente, con una strategia dal basso verso l'alto, per coinvolgere cittadini ed istituzioni in un percorso di crescita sulla necessità di affrontare con decisione la crisi energetico-ambientale ed anche per far maturare la consapevolezza della necessità di assumersi, a tutti i livelli, responsabilità condivise. 
E' possbile, è stato fatto in altri paesi europei. E' l'ora di farlo sul serio anche da noi.

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