martedì 16 giugno 2015

Arte contemporanea e Centro Storico: dove devono stare le opere d'arte?

Raffaello Razzi mi scrive, a me come a tutti i consiglieri comunali, chiedendomi la mia opinione sul tema che ho più o meno sintetizzato nel titolo di questo post.
Questo è quello che gli ho risposto.
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San Gimignano 16/06/2015

Caro Raffaello,
ho ricevuto la tua lettera ed intendo risponderti sia come cittadino, nato e cresciuto qui, sia come Sangimignanese chiamato, pro tempore, a svolgere il ruolo di Consigliere nel nostro Consiglio  Comunale.

Per il ruolo istituzionale che mi compete ti assicuro che quanto da te segnalato sarà per parte nostra portato all’attenzione di tutto il Gruppo consiliare a cui appartengo (“Centrosinistra per San Gimignano”), così come siamo abituati a fare con ogni segnalazione che ci arriva dai nostri concittadini. Del resto anche questo è uno dei nostri compiti di amministratori pubblici.

Nel merito intendo però dirti come la penso.
Penso che la nostra città “sogno del medioevo” e oggi patrimonio dell’Unesco non possa e non debba ridursi ad icona stanca del passato, oppure alla sua caricatura. Che sarebbe pure peggio.
Così come credo che, specialmente in rapporto alla e con l’arte contemporanea, la nostra città non debba piegarsi ad essere terreno di conquista di soli criteri e gusti globalizzati.
Occorre equilibrio. Mi verrebbe da dire un equilibrio “complesso”, per fare una battuta e rimanere in tema se penso all’opera di Eliseo Mattiacci nella Rocca, la ‘mitica’ longarina per noi Sangimignanesi.

Penso, seriamente, che San Gimignano vada difesa e valorizzata nella sua contemporaneità.
Mi spiego meglio: ci piaccia o no non siamo ‘solo’ medioevo”. Anche se, evidentemente, siamo ‘soprattutto’ medioevo.
Se non accettassimo questa visione rinnegheremo, a mio avviso, l’idea stessa di città.
Che non è mai un qualcosa di statico, di fisso, di immutabile. Tutt’altro! E neppure San Gimignano, con la sua storia, sfugge a questa regola del tempo.
Pertanto penso e vorrei una città in cui antico e contemporaneo possano convivere, confrontarsi e, perché no?, confrontarsi e scontrarsi. La storia degli ultimi 20 anni circa, quelli che per capirci  hanno sostanzialmente visto installarsi in spazi aperti della città opere, sculture, ceramiche ed installazioni varie ci dicono proprio questo.
Personalmente vorrei che fosse ancora così in futuro.

Vorrei una città in cui, pur non condividendo sempre gusti, tendenze, criteri e scelte di quella che per convenzione chiamiamo arte contemporanea, ci si possa comunque incuriosire per un’opera moderna o contemporanea. Insomma: preferisco il movimento alla staticità, la possibilità di vedere/conoscere qualcosa di nuovo, anche nel suo rapporto con il passato, rispetto alla sola celebrazione medievale. Poi va da sé, non potrebbe essere altrimenti del resto, che la nostra storia deve essere tutelata e mantenuta nella sua monumentalità, mantenuta efficiente non solo per le foto dei milioni di turisti, graditissimi, ma anche per le esigenze di vita quotidiana di noi sangimignanesi, nonché indagata sotto il profilo degli studi medievali.

E tuttavia: se è vero, come è vero che il Palazzo Comunale, la Pinacoteca e la Torre Grossa rappresentano ciò che siamo stati, i Musei civici di Santa Chiara, ad esempio, rappresentano ciò che siamo. Proprio ciò che tu segnali, semmai, consolida una convinzione che ho maturato da tempo: quella della necessità di disegnare, oltre alle più o meno apprezzabili iniziative private nella nostra Città - di cui ciascuno può avere la propria opinione -, una politica pubblica anche per l’arte contemporanea a San Gimignano. Occorre porsi il tema della contemporaneità e della promozione dell’arte contemporanea anche nella città delle torri. E non lo dico a caso. A dirlo, direi meglio a chiedercelo, è il nostro straordinario patrimonio, intendo dire in relazione alle dimensioni del nostro Comune, di opere d’arte moderna e contemporanea. In parte custodito nella Galleria “De Grada”, di recente arricchitasi con le donazioni oggetto della collezione “Novecento” (tuttora in esposizione presso la Galleria stessa), in parte esposto nella nostra città. Per non parlare dell’interesse che suscita e fisicamente movimenta questo settore dell’arte, portando a San Gimignano flussi che forse, e dico forse, qua non verrebbero.
Ma, a ben leggere la tua lettera, su questo punto potremmo trovarci d’accordo.

Quanto all’altra questione che tu poni, quella del Centro storico a supporto irreversibile di opere contemporanee, è certamente un tema concreto su cui si potrebbe discutere a lungo. E le opinioni moltiplicarsi all’ennesima potenza. Per quanto mi riguarda non sono contrario a prescindere, anzi. Quello che condivido della tua segnalazione, su cui ragionerei seriamente, è semmai se tutti i luoghi di tutto il Centro Storico possano o debbano ospitare permanentemente opere di questa natura. Su questo si può discutere e credo che troveremmo anche una soluzione condivisa. Sono molto disponibile a farlo, è un tema da non banalizzare.
Così come non avrei nulla in contrario a discutere o a ri-discutere con i privati, proprietari dell’opera, condizioni per l’esposizione delle loro opere nella nostra Città. Anche se va da sé che, nella stragrande maggioranza dei casi, queste opere non sono di privati ma del patrimonio pubblico, dunque di noi tutti. Ci sono poi molti fattori da tener di conto. C’è chi, ad esempio, sostiene che non sempre la città che ospita o, meglio, il luogo prescelto per la collocazione dell’opera, dia lustro all’opera scelta ma che anzi, spesso, avvenga esattamente il contrario. Anche se si tratta di città importanti come la nostra. Così come va ricordato come, in molti casi, l’opera stessa nasca e sia  pensata/ideata/progettata/realizzata proprio per ‘un luogo’, anzi nel nostro caso per ‘quel luogo specifico’. (Per fare un esempio a San Gimignano basti pensare all’intervento di Anish Kapoor e la sua “Underground” all’interno dello spazio di quello che chiamiamo “torrino dei frati” in Sant’Agostino, ma che proprio un torrino non lo è. Lo conosco bene perché il mio nonno Foscaro lì teneva l’orto dei frati e fin da ragazzo non l’ho mai visto utilizzato. Oppure potremmo pensare agli altrettanto famigerati “omini di ferro”, che anche a San Gimignano hanno fatto una sporadica apparizione, per quanto suggestiva a mio giudizio. Si tratta delle opere di Antony Gormley che, recentemente oggetto anche di una bella installazione al forte di Belvedere a Firenze, pur non essendo pensate solo per San Gimignano, avevano trovato collocazione temporanea in luoghi specifici del Centro Storico, “strategici” per il messaggio che l’artista e le stesse opere intendevano lanciare. E che a me, lo dico sinceramente, avrebbe fatto piacere se almeno una avesse trovato pianta stabile in un luogo altrettanto “strategico” del nostro Centro una volta terminata la mostra).

Su una cosa sarò invece più netto. Non credo che ci sia da parte di nessuno, da parte mia senza alcun dubbio nella duplice veste di cittadino-amministratore, così come penso da parte di chi esprime oggi il governo delle città nessuna volontà di “vendere in qualche modo San Gimignano”, nessuna “arrendevolezza compiacente delle autorità locali”, tantomeno un “inqualificabile modo di cedere l’immagine dei monumenti di San Gimignano”, per citare testualmente la tua lettera.
Io vedo, semmai, un continuo impegno a trovare un giusto equilibrio tra più esigenze. Non ci sono libretti di istruzione per queste cose e si deve riuscire ad essere tutto fuorché settari, trovando invece mediazioni rispettose delle varie sensibilità. Cosa oggettivamente non facile, lo riconosco, che può portare anche a qualche scivolone. E sopra ho spiegato come si possa e di debba discutere se ogni luogo di tutto il Centro storico possa o debba ospitare installazioni. La discussione si può fare e sono pronto a farla.
Tuttavia l’idea che San Gimignano sia preda o alla mercé di qualche potente di turno, gallerista o artista che sia, credo non corrisponda alla realtà. E’ un rischio che ci può essere, voglio essere chiaro, come può sempre esserci, ad esempio, quello dei continui appetiti speculativi per le nostre campagne. Ma credo che oggi, questa non sia la realtà. Prova ne sia la vicenda dell’opera di Kosuth, “La sedia davanti alla porta”, che oggi trova collocazione nella piazza del Bagolaro davanti al centro diurno in via Folgore da San Gimignano, ma che l’artista aveva collocato sotto la Loggia coperta, per capirci, in piazza del Duomo ma che poi da lì è stata spostata, secondo me giustamente, proprio al “Bagolaro”.

Infine e per concludere, in relazione all’ipotesi di inserimento di ulteriori opere in un “torrino” della Rocca, nessuna oscura trama. Nessun sotterfugio o operazione al buio, alla faccia magari degli ignari cittadini, noi compresi. Da quel che mi risulta, so e mi ricordo, le ultime acquisizioni al patrimonio pubblico del Comune di San Gimignano sono:
- le 13 opere, tra i massimi esponenti della pittura italiana del Novecento, oggetto della donazione della famiglia Pacchiani, che trovano collocazione stabile nella Galleria “De Grada” (oggi sono esposte all’interno della mostra “Novecento: una donazione” aperta fino al 30 agosto);
- l’opera di Kiki Smith (Clare L. Smith) di New York dal titolo“Yellow girl”, ceramica, tempera, vetro, luci e legno. Quest’ultima è stata acquisita al patrimonio pubblico con deliberazione del Consiglio Comunale del 28/01/2014, in seguito alla proposta di donazione dell’artista. Valore commerciale dell’opera quasi 100.000 euro. Lo stesso atto, pubblico, trasparente, preso dal massimo organo di rappresentanza cittadina tra l’altro all’unanimità, prevede tra le altre cose la “collocazione permanente presso il “torrino” situato all’interno della Rocca di Montestaffoli, previa autorizzazione in tal senso da parte delle competenti Commissione comunale per il paesaggio e competente Soprintendenza, o ad altro eventuale luogo comunque convenuto fra donatore e donatario”. Non conosco a che punto sia l’iter per la collocazione dell’opera, so però per certo che la competente Soprintendenza è già stata interessata per il parere. Immagino che tu ti riferisca a questa opera nella tua lettera.
Nel caso specifico, e certo non per una ottusa difesa di una scelta che ho votato, trovo che la collocazione non sia affatto disastrosa, anzi più che dignitosa per l’opera e per lo stesso “torrino” che la ospiterà al suo interno (per capirci: non “il torrino della Rocca” che siamo abituati a conoscere ed a chiamare così a San Gimignano, quello con le scale, ma quello in fondo a sinistra dello schermo del cinema una volta, sempre per intenderci. Se ci ricordiamo come era tenuto e a cosa serviva il torrino in questione credo che converrai con me che il miglioramento e la valorizzazione anche di quella piccola porzione della Rocca sia tangibile, oltre ad un inserimento non “invasivo” dell’opera stessa).

Questo è quel che penso, è la mia opinione. Da amministratore pubblico, invece, so bene che si deve andare oltre le opinioni personali e trovare metodo e criteri condivisi. E, come credo di aver spiegato, questo è un ragionamento che si può fare.
Spero di averti risposto su tutto e resto naturalmente a disposizione per ulteriori chiarimenti o confronti.
Andrea
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