giovedì 23 ottobre 2008

C.V.D.

Della serie "come volevasi dimostrare". Anche se della cosa c'è poco da essere allegri, anzi ci sarebbe da riflettere e parecchio.. Nel mio post dell'11 agosto parlavo della vicenda Eluana e della presa di posizione (che non condividevo) del Parlamento italiano rispetto alla scelta di sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.

Lunedì 11 agosto 2008
4. Caso Eluana Englaro. Confesso che la vicenda mi dà i brividi e in punta di piedi per rispetto alla famiglia e a lei provo a dire l'idea che mi sono fatto sul conflitto di attribuzione tra poteri dello sStato sollevato dalla camera. La dico subito chiara: personalmente credo che abbiamo assistito ad una prova di ipocrisia della politica da fare paura! E mi è piaciuti a metà il PD. Ci torno subito. Prima però due considerazioni. La prima. Trovo scandaloso, nel metodo, che un parlamento, eletto per legiferare e per dare un corpus normativo moderno e efficiente al popolo, sollevi conflitto di attribuzione contro un altro potere dello stato (la magistratura) per il fatto che questa si sia espressa su di una materia (certo delicata) sulla base di principi giuridici generali dell'ordinamento, in mancanza di una specifica legge che il parlamento stesso, in tutti questi anni, non ha trovato il tempo (o non l'ha voluto trovare) per approvare. Sta qui l'ipocrisia. Io penso che una legge sul testamento biologico sia urgente e necessaria. penso anche che il Pd al Senato abbia fatto meglio che alla camera, non paretcipando alla votazione e uscendo dall'Aula ma impegnando con un ordine del giorno il SEnato ad affrontare il tema alla riopresa dei lavori. Eppure il PD non ci ha fatto una bella figura. Avrei preferito che i miei parlamentari fossero stati lì e avessero votato no! Tanto più che si votava sul metodo e non sul merito! Per maggiore chiarezza sul tema cito Cuperlo e soprattutto, a sua volta, una sua interessantissima citazione di una sentenza della Corte costituzionale: "Non c’erano, anche a mio parere, gli estremi perché il Parlamento sollevasse il conflitto di attribuzione. E a stabilirlo è stata una sentenza della Corte Costituzionale. Per la precisione la n° 347 del 1998 che così recita: in “materie prive di una disciplina specifica il giudice, lungi dall’omettere di pronunciarsi, deve adottare un bilanciamento tra beni giuridici contrapposti, legittimando quindi, laddove manchi una normativa una estensione maggiore della discrezionalità giudiziaria (che solo il Parlamento potrebbe limitare con l’adozione di una specifica disciplina”. E la Corte prosegue infatti con queste parole: “l’individuazione di un ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene primariamente alla valutazione del legislatore. Tuttavia (vi prego fate attenzione a questo “tuttavia” ndr) nell’attuale situazione di carenza legislativa (la sentenza in questione riguardava la fecondazione medicalmente assistita ndr), spetta al giudice ricercare nel sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione degli anzidetti beni costituzionali”. Tuttavia il tema che questa vicenda pone alla nostra bottega PD è questo: fino a quando ci poteremo permettere di fuggire di fronte a questi temi. Il PD è per vocazione (ed è un bene!) un partito plurale, con tanti voci. Odio i monoliti. Ma ci dovrà pur essere un momento in cui il partito prenderà posizione, anche a maggioranza su alcuni temi e su quella posizione farà la sua battaglia? oppure no? A volte si starà inminoranza a volte in maggioranza, a volte saremo d'accordo, altre volter un pò meno. Ma quando, la prima volta che succederà, prenderemo una decisione in questo modo, come si conviene, allora saremo un partito. Per l'esattezza Partito Democratico. Ha scritto bene Pasquino e cito: "Su un argomento di tale rilevanza, un grande partito elabora una posizione propria oppure concede a ciascuno dei suoi parlamentari di argomentare la sua posizione in «scienza e coscienza» (come ha fatto, in maniera eccellente, Barbara Pollastrini) comunicando in questo modo a tutti gli elettori informazioni di notevole importanza e anticipando una propria posizione legislativa, sperabilmente capace di ampliare gli spazi di libertà delle persone."
La seconda considerazione. Penso che nel merito l'Italia e gli Italiani abbiamo bisogno di una normativa certa e risepttosa della libertà e dell'autodeterminazione di ciascuno. Io non mi permetto di giudicare il babbo Englaro ma altro non fa che riportare la volontà della figlia manifestata in vita, quando era coscente. Rispetto anche le posizioni di chi professa una fede religiosa e l'idea che la vita è degna di essere vissuta sempre e che, quindi, anche Eluana vive. Io non credo, non penso e non voglio dire che ci sia una vita più degna e una menio degna da vivere: quella del povero è meno degna del ricco? Quella dell'uomo è meno degna di quella della donna? Quella della star televisiva è più degna dell'insegnante o dell'impiegato delle poste? Quella dell'invalido o del malato è meno degna di quella della persona sana? Non ne faccio una questione in questi termini. Mi chiedo, laicamente, se vita nel senso di vita vissuta da una persona nel pieno delle proprie facoltà e responsabilità possa essere considerata quella di Eluana. Per come intendo io la politica. penso che la potica non possa più fare finta di niente. Dica come la pensa, agisca di conseguenza e si assuma le proprie responsabilità. Ma se niente cambierà, ci risparmi l'ipocrisia del conflitto di attribuzione.

L'8 ottobre 2008 la Corte giudica inammissibil i ricorsi di Camera e Senato dicendo no all'annullamento delle sentenze sull'interruzione del trattamento di alimentazione di Eluana. Era ampiamente prevedibile. I motivi erano secondo me già chiari allora. E per questi rimando al post "ripostato" sopra.
Domande: era necessario tutto questo? Cosa dovrebbe pensare il babbo di Eluana? Cosa dice il Parlamento e soprattutto cosa dicono quei parlamentari, di una parte soprattutto, che avevano sostenuto questa scelta?

Nessun commento: