giovedì 3 luglio 2008

L'Assemblea comunale guarda al futuro

Non è andata male, sia per gli interventi che per il livello della discussione l'Assemblea comunale di lunedì. A San Gimignano stiamo facendo un buon lavoro e da settembre, passando per l'estate dalla festa de l'Unità per il Pd, torniamo a immergerci nella realtà sangimignanese in prospettiva 2009. Avevo da dire un sacco di cose e le ho dette. Eccole. Con buona pace. A presto.

IV ASSEMBLEA COMUNALE PD - Ulignano, 30 giugno 2008

Mi capita spesso in questi giorni di provare un certo fastidio per lo stridente contrasto che avverto tra il 60° anniversario della Costituzione e l’attuale stato della Repubblica.

Nell’anno dei sessant’anni della carta fondamentale della nostra convivenza civile, la democrazia repubblicana vive una dei suoi momenti più bassi.

Questa è la mia opinione.

- Cosa c’entra l’immunità per le più alte cariche dello Stato, a partire dal premier indagato, con il sistema di pesi e contrappesi sapientemente previsti dalla Costituzione e con il suo articolo 3?

- Cosa c’entra l’esercito in strada con compiti di polizia con lo spirito democratico e liberale della nostra Carta?
Su questo tema ho ascoltato giorni fa, in una rassegna stampa alla radio, un’intervista al ministro della difesa Ignazio La Russa, annunciare trionfale che i soldati saranno ovunque in strada, avranno compiti di polizia, potranno fermare persone sospette e identificarle. “E poi?” Domandava stupito l’intervistatore…”poi potranno accompagnare il fermato al più vicino comando di polizia o carabinieri”.
Può darsi mi sbagli, ma per i sessant’anni di storia repubblicana l’esercito in strada non mi pare un bel regalo di compleanno.
Mi preoccupa molto quel “potranno fermare persone sospette”…e mi vengono alcune domande: in base a quali criteri?
Faccio qualche ipotesi a caso: orecchini? capelli lunghi? veli in testa? colore della pelle? Non riesco a pensare ad altro…

- E poi, cosa c’entra l’aggravante per gli immigrati irregolari che si introducono nel nostra Paese con il principio per il quale tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali?

- E cosa c’entra il disegno di legge salva-premier, il decreto salva rete quattro con i compiti, anch’essi costituzionali, previsti dall’articolo 3 per cui “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”?

Ci sono due aspetti, di questo florilegio dei primi mesi di Governo Berlusconi, che colpiscono.
Il primo è che un Governo che dovrebbe essere, o meglio, si dichiarerebbe a parole “liberale” sforna in rapida sequenza provvedimenti illiberali a dispetto delle grandi democrazie liberali davvero dove, caro La Russa, in strada non scende l’esercito e gli agenti di polizia vanno a cavallo e senza armi da fuoco nei centri città.
Il secondo è la clamorosa inversione dell’ordine delle priorità del nostro paese a vantaggio degli affari privati del Premier, riedizione di un non lontanissimo passato.

In campagna elettorale si aveva un bel dire dell’impoverimento degli Italiani, dei salari fermi, specialmente dei lavoratori dipendenti e della necessità di dare risposte a questi disagi. Lettera morta. La priorità del Governo è “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Peccato che al posto di “cittadini” al plurale, il Governo abbia letto distrattamente del “cittadino Silvio Berlusconi”.

Un altro bel regalo alla Costituzione. Non c’è che dire.

Tuttavia c’è un terzo aspetto che mi colpisce parimenti ai primi due citati.
La “quasi” totale assenza (il quasi è per i pochi di noi del centrosinistra) di indignazione per provvedimenti di questa gravità. Lo so, non dovremmo più stupirci di questo aspetto dato che le elezioni di aprile hanno dimostrato non essere tra le priorità che gli Italiani chiedono ad un premier e ad una maggioranza di governo.

Eppure, io continuo a pensare che sia ancora necessario indignarci e denunciare (del resto anche a questo serve l’ opposizione) di fronte a simili comportamenti.
Penso anche che chi si rende protagonista di simili atti non possa sottrarsi alle sue responsabilità nel contribuire ad uno scadimento generale della vita pubblica.

Il premier aveva la grande opportunità di trovarsi di fronte ad una opposizione, la nostra, che non gli aveva concesso carta bianca né gli aveva sbattuto la porta in faccia senza prima essersi guardati negli occhi o per il solo fatto di sapere che l’altro si chiamava Silvio Berlusconi. Credo che quella scelta fosse giusta, almeno per affrontare le grandi questioni dell’architettura istituzionale.
Berlusconi si è messo alla prova da solo, ha scelto altre priorità.
Dialogare in questi termini è una contraddizione in termini. Il premier ha scelto la strada del monologo personale, dell’assolo. Che se la giochi fino in fondo.
Del resto ne ha i numeri. Ma non conti sulla nostra disponibilità.

Non so se la manifestazione di piazza sia la risposta giusta, di sicuro penso che possa essere una parte della nostra risposta.
Guai se la piazza esaurisse la nostra proposta politica!
Tuttavia, e ci tornerò tra poco, abbiamo davanti a noi l’occasione di fare quel partito che molti, io certamente, avevamo in testa.

Mi ricordo quando nel partito al quale ero iscritto prima di dar vita al PD, durante i congressi di scioglimento, andavo dicendo, chiedevo ed auspicavo un partito “che parlasse la stessa lingua quando è all’opposizione e anche quando è al governo. Un partito che non parlasse per sentito dire, ma perché le cose le aveva studiate e misurate”.

Penso che è proprio oggi che noi avvertiamo la necessità di un partito di questo genere. Dobbiamo ancora costruirlo.
Ma le persone che guardano a noi vogliono, forse, anche questo.
E un linguaggio nuovo.
E’ anche così che, a mio avviso, si sostanzia l’essere riformisti.


***

Ho apprezzato la determinazione e la voglia di dire “basta!” che emergevano dalla relazione di Simone Bezzini alla terza Assemblea provinciale.
Basta con la riproposizione nel PD di vecchie litanie e liturgie del vecchio centrosinistra, basta con le discussioni di apparato.

Ho apprezzato lo spirito della relazione perché penso che sia una buona cosa avere un segretario che ha ben chiare davanti a sé le difficoltà che ha il PD e i rischi cui può andare incontro.

Vedete, ci sono due verità per noi, dure e al tempo stesso amare.

1.La prima è che adesso, davvero, ci siamo accorti che ha vinto la Destra. Che Destra era prima del voto, mascherata da centrodestra e Destra rimane dopo i primi provvedimenti del Governo. Peraltro, è anche una Destra in affitto, molto personale.

2.La seconda, che è anche il tema di stasera, è che c’è una cosa sola peggiore della pesante sconfitta elettorale: ed è il fallimento della brillante idea (cosa rara a sinistra) del progetto politico che risponde al nome di Partito Democratico.

Se così è, mi pare, allora si pongono davanti a noi alcune questioni su cui interrogarsi ed alle quali accennavo in premessa.

Intanto, sarebbe sbagliato impiegare questi anni di opposizione che ci attendono giocando sull’equivoco che la nostra credibilità nell’essere e nel fare opposizione si misuri con quanto saremo capaci di urlare più degli altri, pensando nel sottobosco a posizionare noi stessi o i nostri vicini in vista di una (alquanto incerta) futura vittoria.
Quello che dovremmo fare è costruire una proposta alternativa di governo che investe prima di tutto il tema di come non far fallire il progetto politico Partito Democratico.

Il partito non c’è ancora o c’è da poco in alcuni casi, anche in Provincia di Siena.
Non sarà, spiace dirlo, con discussioni d’apparato, cavilli organizzativi come si legge sui giornali in questi giorni da parte dei nostri leaders, che risolveremo il problema.

La nostra priorità, con buona pace di quel che ne pensi il nazionale, è dare compiutezza al progetto PD, lavorando sul territorio.
Cito il territorio non perché mi affascini il mito “del territorio” ma perché una delle ragioni della vittoria della Destra (e soprattutto della Lega) è stato il suo farsi, appunto, “sindacato del territorio”.
Spiega il direttore del Censis Giuseppe De Rita: “…venuti meno i due grandi contenitori DC e PCI -l’unico modo per creare blocco sociale è la difesa della comunità locale. La Lega sembra averlo capito, al contrario di PD e PDl che non hanno capito che il Paese sta diventando comunitario e che chi difende gli interessi della comunità vince”.
Sia chiaro. Sono molto d’accordo con questa analisi, anche se non del tutto.
Un Paese si tiene insieme se lo si guarda nel suo insieme.

Ma è altrettanto chiaro che il famoso radicamento di cui tanto si parla, passa anche da questa dinamica.
Del resto qualcuno potrebbe anche obiettare, a ragione, che questa è stata la forza del centrosinistra in provincia di Siena.
Occorre, allora, riprendere quel discorso, in un momento di transizione, per esempio, per la nostra economia. Anche Valdelsana.
Rispetto alla quale credo che sia doveroso da parte di questa assemblea esprimere solidarietà ai lavoratori del caravan colpiti dalla cassa integrazione e rivolgere un invito forte a tutti gli attori della partita perché si diano risposte in tempi rapidi.


Penso poi che abbiamo tutti un grande bisogno di discutere.
Non partiamo da zero, non abbiamo solo macerie intorno a noi, ci sono tanti di noi disorientati, ma siamo in piedi con passione e con la voglia di reagire.
Reagire all’ondata della Destra, alla sua demagogia ed anche, tuttavia, al suo essere, drammaticamente per noi, più in sintonia col cuore degli Italiani.

E penso che dovremmo discutere con franchezza di molte cose, a partire da quello che è stata la fotografia del voto, fino a quelle questioni che sono irrisolte nel nostro campo dal 2001.
Aggredire cioè, questa volta fino in fondo, le ragioni profonde della nostra sconfitta e dell’essere minoranza nel Paese (abbiamo perso con la forbice più alta dal ’94 ad oggi).

Ci servono linea e struttura del partito.
Ma se prima non discuteremo delle cause che ci rendono estranei alla fascia produttiva del Paese (per esempio) e minoranza stabile tra gli Italiani, non avremo mai linea e la struttura rischierà di essere sempre più vuota.

Sempre l’indagine del Censis che ho citato prima descrive una composizione del voto che deve farci molto riflettere.
L’attuale elettorato della Lega è composto per il 43% da persone che avevano votato questo partito nel 2006, mentre ben il 56% è fatto di elettori che avevano votato per altri soggetti. E di questi il 27% proviene dal PDl e il 20% dal PD. La coalizione di Berlusconi attrae la parte produttiva del Paese. Il 67% degli elettori della Lega e il 65& di chi ha votato PDl è compreso nella fascia di età tra i 30 e i 64 anni; il PD invece, ha un’alta quota di supporter under 30 e ultra 64-enni.”

Come si sarà capito ci votano giovani (che poi ci abbandonano quando entrano nel mondo del lavoro) e pensionati.
Se a questo aggiungiamo la distribuzione geografica del voto al PD, come ha illustrato efficacemente Ilvo Diamanti su Repubblica nella sue “mappe”, noi ci accorgiamo delle proporzioni del lavoro che ci aspetta.
E ci rendiamo conto del fatto che politicamente la nostra proposta non ha sfondato del tutto e solo in piccolissima parte in quelle aree, geografiche (nord e sud) e politiche (centro moderato), che restano per noi territori da conquistare.

Dovremo usare anche un linguaggio nuovo. Nuovo almeno per noi.
Per stare in cronaca sul tema della sicurezza, che va di pari passo con quello della legalità e della giustizia, noi siamo afoni.
E non sono tra quelli che pensano che la sicurezza sia né di destra né di sinistra.
Penso che la sicurezza sia un diritto di tutti, ma come non vedere che a seconda delle culture politiche che vi stanno dietro e che le sorreggono ci sono scelte del decisore pubblico a volte diametralmente opposte?

Prendiamo l’Europa e capiremo.

Anche qui. Parlare di Europa per una misera discussione d’apparato è quanto di meno utile si possa fare.
C’è, ancora una volta, un errore di prospettiva e di metodo. Manca la discussione.
Il no dell’Irlanda al Trattato di Lisbona, per esempio, dovrebbe darci la misura di quanto sia necessaria una franca discussione sul progetto politico Europa. La mia opinione è che sia tremendamente urgente rilanciare un’idea ed un progetto politico di Europa che sia condiviso e percepibile dagli europei. I quali altro non attendono, forse (qui il condizionale è d’obbligo) di toccare con mano un’Europa politica che parli la stessa lingua in materia di immigrazione, diritti, lavoro, energia, politica estera. Tutti temi sui quali, fin troppo, la UE è apparsa incerta e non in grado di produrre “vantaggi” per i cittadini europei che – a mio avviso a torto – hanno cominciato a guardarla con più sospetto e sfiducia. Il NO irlandese, se così è, può essere letto non come un no all’Europa ma un NO all’assenza di un progetto politico. E’ di questo che mi piacerebbe sentire parlare Rutelli e tanti altri, prima ancora di aver stabilito a tavolino, sempre e solo in tre, con chi ci sederemo al Parlamento Europeo. Abbiamo un grande bisogno di conoscere la UE, di capire, di discutere quale Europa “politica” vogliamo.

Se poi ci facessero anche votare dentro al PD non sarebbe tanto una novità, quanto un atto politico coerente con il nostro Statuto nazionale e con il grande progetto politico democratico che è il PD.
Altrimenti, la domanda è d’obbligo, se i referendum non li facciamo su queste macro-questioni, che cosa li abbiamo previsti a fare?

E’ così, su queste questioni, che completiamo e definiamo il progetto PD.
Lo stiamo facendo secondo me bene, per esempio, sul tema dell’ambientalismo, con il movimento degli ecologisti democratici, dove stiamo utilizzando linguaggi e parole nuove rispetto ad un ambientalismo del passato, minoritario e arroccato sulla difensiva.

E’ così che ci facciamo popolo, come dice Veltroni.
E’ così che opereremo quello che molti chiamano “radicamento” e che spesso viene confuso con quante sedi apriamo.
Il punto, oggi, è che radicamento fa rima con rappresentanza e capacità di mediazione.
Le domande a cui rispondere sono: a) quanto popolo rappresentiamo? b) quale partito siamo e per quale idea di Paese?

Non sarà semplice, abbiamo però cinque anni di tempo per farlo, non confidando anche questa volta però in un’alleanza dell’ultima ora o nella buona sorte come abbiamo fatto già dopo il 2001.

Intanto, perché un Prodi non ci sarà più la prossima volta e poi perché penso che, per essere maggioritari davvero e non più a parole, non ci basterà avere una piazza gremita festante o un buon programma di governo.
Anche i buoni programmi, cui noi continuiamo a credere, non bastano più.

Il tema, e la sfida, è molto ma molto più seria.
Ci servirà un partito vero, ma soprattutto una proposta culturale e programmatica che sappia includere e rappresentare la società italiana, una volta compresa per bene l’attuale composizione sociale del nostro voto.

Evitando, tutti quanti, il rischio concreto che sta correndo il PD: quello di essere non un Partito Democratico propriamente detto, quello in cui credo ancora con forza, ma una confederazione di gruppi e componenti varie che determina scelte e assetti a tutti i livelli.

Vale anche per la nostra Provincia, l’ho detto anche all’Assemblea provinciale, dove abbiamo, e da venerdì li abbiamo, un grande bisogno di organismi legittimati di confronto e decisione pubblica e democratica, evitando i canali personali, le logiche di appartenenza.

Insomma: lavoriamo a tutti i livelli per un partito che la smetta di voltarsi indietro, un partito che guardi al futuro, davvero, dove ci si ritrovi per dire “ciò che si pensa” e “quel che si vuol fare” e non per dichiarare “con chi si sta”.

Il 2009 in provincia di Siena sarà importante per le scadenze amministrative certo, ma anche – aggiungo sommessamente - per il futuro del nostro partito, per un suo nuovo gruppo dirigente, per una sua nuova organizzazione.



***

Noi a San Gimignano lo stiamo già facendo, lo abbiamo fatto a suo tempo con la scelta del Comitato Promotore, dovremo continuare a farlo in vista delle scadenze delle Europee e soprattutto delle Amministrative del 2009.

San Gimignano è uscita dal voto come il Comune più democratico della provincia di Siena.
Siamo un’isola felice, non per fortuna ma perché abbiamo seminato bene.
Adesso però è arrivato il tempo di occuparci tutti, con rinnovato vigore e “pancia a terra”, di due aspetti:
consolidare le nostre idee e definire il profilo del PD;
consolidare la nostra organizzazione perché è tempo di avere un partito vero e proprio.

Credo sia stata una buona scelta quella che abbiamo fatto nella terza assemblea comunale, di riconfermare cioè la nostra articolazione in Commissioni riprendendo proprio da lì, dopo il voto, il nostro lavoro.
Anche alla luce dello Statuto regionale, approvato sabato scorso a Firenze, non mi pare emergano ostacoli di sorta per cui propongo che si mantenga e si rafforzi nei prossimi mesi questa nostra articolazione.

Due considerazioni, la prima sullo Statuto regionale la seconda sulle Commissioni.

- Lo Statuto regionale marca un passaggio importante.
Disegna un partito federale, molto aperto, un partito modello 14 ottobre (come l’ha definito Franco Ceccuzzi), strutturato nel territorio, le cui cariche sono realmente contendibili, le primarie ne sono un esempio. Essendo il primo statuto regionale approvato spero, lo dico apertamente, che le altre regioni ci possano copiare. Se il PD a livello nazionale sarà un po’ più uguale al modello toscano, sarà, io credo modestamente, un partito migliore.
Penso anche che sulla base dell’approvazione dello Statuto Regionale, e sulla base del piano di lavoro impostato dal Coordinamento provinciale, ci dovremmo impegnare fin da adesso a riconvocare l’Assemblea nel mese di settembre per gli adempimenti che ne scaturiscono e per quelli che scaturiranno dallo Statuto provinciale e relativi regolamenti organizzativi e finanziari.

- Confermando la nostra articolazione in Commissioni so bene, e non mi nascondo, che dobbiamo migliorare in quanto a coordinamento tra di noi.
Lo faremo e su questo chiedo esplicitamente una mano ai coordinatori delle Commissioni stesse.
Tuttavia so anche che nessuno di noi vive la politica come momento totalizzante.
Perciò nostro compito sarà anche quello di combinare efficienza nella discussione e nella decisione con capacità, ciascuno per le proprie responsabilità, di dare seguito a quanto deciso in modo rapido e coordinato evitando riti stanchi che non rispondono più alle esigenze moderne dell’essere in politica.

A proposito di Commissioni, la Commissione Comunicazione ha elaborato la proposta per l’organo di partito la cui testata sarà “SANGINFORM@ - Pensieri Democratici”, che spero l’Assemblea approvi, in modo tale da poterle dare mandato di effettuare la registrazione della testata quanto prima.
Non più tardi di settembre abbiamo bisogno di disporre del giornalino da mandare a tutte le famiglie.
Questa sarà la nostra voce che entrerà in tutte le case dei Sangimignanesi.


***


Per quanto concerne il percorso che ci attende da qui a alla fine dell’anno, e il cui traguardo finale non può che essere il giugno 2009, ritengo e propongo all’Assemblea comunale che si debba impostare un percorso alla cui base stanno 2 concetti: un percorso che sia al nostro interno largamente condiviso, cosa di cui discuteremo stasera e su cui voteremo il documento conclusivo, e ampiamente partecipato, cioè rivolto alla città, ai Sangimignanesi. Una partecipazione la cui misura starà nella nostra capacità di offrire ascolto, lanciare idee, costituire elemento di mediazione, essere soggetto meritevole di rappresentare istanze, esigenze, difficoltà ed opportunità presenti nel nostro Comune.

Per fare questo dovremo lanciare una grande campagna sulle idee a partire da settembre. Idee per la città, per la sua comunità, per il suo territorio, per la sua parte produttiva, per le sue articolazioni sociali.

Prima di quella data ritengo che sia opportuno soffermarci su ciò che sono stati, sia in termini di idee sia intermini di realizzazioni, questi dieci anni di giunte Lisi.
Quanto di quella elaborazione di allora è ancora valido per San Gimignano? Quanto è stato fatto, quanto non è stato fatto e si poteva fare? Quali risposte dobbiamo a nuove esigenze che invece si sono formate in questi dieci anni e che prima non c’erano?

Penso che un passaggio obbligato per fare questo sia la nostra Feste de l’Unità per il PD, e invito il partito alla più ampia partecipazione alla Festa, così come già egregiamente fatto per la Prima Festa di Primavera, in quanto straordinaria occasione di confronto e contatto con i Sangimignanesi, nonché passaggio fondamentale per l’autonomia finanziaria del Partito. E’ lì, sulla base dei materiali predisposti dal Sindaco e dalla Commissione governo della città che sarà un primo, importante momento di confronto sul bilancio di dieci anni di governo cittadino.
E’ a questa logica che risponde la volontà di realizzare alla Festa accanto ad uno spazio che spieghi cosa è il PD a San Gimignano e chi sono i democratici di San Gimignano, uno spazio tutto da dedicare all’azione di governo cittadino.

Da Settembre, poi, propongo all’Assemblea di aprire tre cantieri.

1.Il primo importantissimo cantiere dovrà essere quello del programma.
Un confronto serrato non solo tra noi ma soprattutto con San Gimignano sulle idee guida per il futuro del nostro comune. Una campagna che a quel punto sarà d’ascolto e di proposta allo stesso tempo, sviluppando in nuce quelle che saranno le linee guida della nostra proposta di governo per le elezioni 2009 e che penso dovrebbero essere pronte per la fine dell’anno.
Dovremo stabilire insieme quali forme utilizzare, penso ad alcune esperienze già partite come il forum sul lavoro, all’impiego delle nuove tecnologie, ma non c’‘è dubbio che questo dovrà essere la principale missione del nostro partito che si candida a governare la città: avere un’idea del futuro di San Gimignano.
Lo dovremo fare con umiltà, senza arroganza, consci che non tutto è stato fatto e che potremo incontrare criticità nel confronto su alcune tematiche con i cittadini.

2.Il secondo cantiere sarà quello dei criteri con cui andremo a selezionare coloro che avranno l’onore di rappresentare il PD di San Gimignano nelle istituzioni cittadine e provinciali.
Su questo aspetto credo che tutti si convenga sul fatto che la credibilità della politica in generale e di una proposta politica, in questo caso la nostra, si costruisce fin dal basso, da come ci si pone, si interpreta e si svolge un ruolo politico e/o amministrativo quand’anche fosse nel più piccolo e sperduto Comune d’Italia.
Ebbene noi abbiamo tutta l’intenzione (e il dovere) di farlo: perché siamo il primo partito della città, perché crediamo nella politica e nella sua funzione, perché siamo persone serie. Per il 2009 ritengo che saremo chiamati a individuare criteri di selezione di nostri rappresentanti che tengano conto di un rinnovamento che non dovrà essere solo di persone, quanto di metodo, impegno, responsabilità e rispetto per il ruolo che si andrà a ricoprire in rappresentanza di questa nostra comunità.
E’ un passaggio chiave, che va di pari passo col tema della formazione politica, sul quale credo che da settembre occorrerà mettersi la lavoro sul serio, individuando esigenze e priorità.
Ovviamente non secondari saranno poi i metodi di selezione, in coerenza con gli statuti regionali, provinciali e locali.
Ma le Primarie e il Codice Etico, questo sia chiaro, per noi saranno punti fermi.

3.Il terzo cantiere da far partire sarà poi quello delle alleanze.
E’ mia convinzione, come noto, che l’esperienza del centrosinistra allargato a San Gimignano sia ancora oggi un valore.
Certo, non mi nascondo, si imporrà un nuovo quadro delle regole, di gestione del sistema del dissenso all’interno delle coalizioni, regole condivise sul come intendere la responsabilità dell’essere in coalizione.
Inoltre, occorrerà valutare bene l’effettiva presenza sul territorio e l’effettiva rappresentanza di alcune forze politiche.
Inoltre, lo voglio dire chiaramente, punto fermo e discrimine per future alleanze, non potrà che essere il programma di legislatura e la effettiva volontà di misurarsi con il governo locale e di assumersi la responsabilità delle scelte che questo comporta di fronte ai cittadini.

Su questo fronte, il quadro è magmatico, come sapete.
I Verdi di fatto sono impalpabili, abbiamo difficoltà a trovare interlocutori e tra pochi giorni terranno un congresso nazionale, non credo preceduto da un congresso locale.
I Socialisti, a parte gli sforzi di qualche isolato socialista vero, vivono una fase di inquinamento da parte di esponenti della Lista civica, dalla dinamiche ancora incerte. Anch’essi terranno un congresso a breve.
Sinistra democratica ha costituito il gruppo in consiglio comunale ma ancora non è del tutto chiaro se si sia strutturata come un movimento o un partito politico.
Rifondazione comunista ha appena celebrato il suo settimo congresso locale, con un esito che mi permetto di valutare di “ritorno al passato”. Ha prevalso a livello cittadino una linea di “chiusura” verso il PD che dovrà essere verificata per bene e poi contestualizzata con il livello provinciale e nazionale di quel partito.

Io penso che tocchi a noi la prima mossa.
Per senso di responsabilità e per ragioni politiche.
Dovremo dimostrare, per il bene della coalizione la massima apertura e la massima disponibilità per due ragioni: chiudere al meglio questa legislatura e impostare un franco ragionamento sulla prossima.
Ritengo che si debba prevedere, una volta esauriti i passaggi congressuali di cui ho parlato, incontri con queste forze, a partire da Rifondazione comunista.

Una cosa deve però essere chiara a tutti: il PD non ha timori e non ha da farsi perdonare nulla.
Adesso non è tempo di fare congetture o gossip politico.
A settembre le carte saranno più chiare, i congressi chiusi, lanceremo il confronto a viso aperto e allora valuteremo.
Prima di quel tempo la priorità si chiama Partito Democratico e la definizione del suo profilo.


***

Questo è il piano di lavoro che sottoponiamo alla discussione e all’approvazione dell’assemblea comunale, non prima però di aver ricordato alcune questioni finali.

Siamo al governo della città, esprimiamo Sindaco, vice sindaco e tre assessori.
Abbiamo l’obbligo di chiudere brillantemente la Legislatura, nonostante le difficoltà che di anno in anno le Finanziarie ci riservano e che non ci fanno essere percepiti dai nostri cittadini così virtuosi nella gestione della cosa pubblica come in effetti lo siamo, perché impediti troppe volte, a restituire loro i frutti di questo impegno.
Credo che da questa assemblea debba partire un invito per tutti i nostri amministratori ad un ulteriore impegno in questa ultima fase di legislatura per il completamento degli obiettivi del programma di Governo, a partire dall’approvazione del Bilancio comunale 2009 e dall’adozione del Regolamento urbanistico, auspicando un forte coordinamento politico-amministrativo per lavorare fin d’ora ad una prospettiva unitaria con le forze del centrosinistra sangimignanese per il governo della città, auspicando che detta prospettiva possa realizzarsi attorno ad un forte programma e ad una squadra di amministratori volenterosi e competenti.

Auspico anche, poiché non ci siamo riusciti in questa fase, che i Coordinatori di Circolo mettano in piedi momenti di confronto nelle loro realtà a cui possano partecipare il Sindaco e gli Assessori, per affrontare al livello più prossimo ai cittadini una discussione su quanto si è fatto in questi anni e per impostare quel cantiere delle “idee per la città” a partire proprio dai Circoli. Da più parti arrivano richieste in tal senso.
La politica ha anche il compito di spiegare il perché di determinate scelte fatte o il perché di altre non fatte.
Il PD non si sottrarrà a questo compito e sono certo neppure i nostri amministratori.

Questo aspetto si lega a doppio filo al ruolo di protagonisti che dovranno assumere i Circoli da settembre in poi.
Luoghi aperti di confronto, riconosciuti e riconoscibili, in cui si possa toccare con mano che siamo un partito in piedi che c’è prima durante e dopo gli appuntamenti elettorali.

Credo anche che nel pensare all’organizzazione, al funzionamento dei Circoli, all’essere interlocutori politici per larga parte del territorio, noi non possiamo permetterci di tralasciare il processo fondativo di una nuova organizzazione giovanile del partito.
Non dovremo far mancare tutto il nostro apporto a questo processo che, a partire dalla positiva esperienza del nucleo della Sinistra giovanile, crei non tanto un luogo da cui pescare di volta in volta facce fresche da spende qua e là, ma un luogo di aggregazione, di liberi pensieri, di creatività che stia dentro il mondo giovanile sangimignanese, peraltro in fermento in questi mesi.
Per noi questo aspetto è decisivo.
E abbiamo già sperimentato che quando è affrontato con l’entusiasmo che soli i giovani spesso sanno mettere e trasmettere i frutti, piano piano arrivano.
E quando arriveranno sarà un successo per tutti noi, per il PD e per la nostra città.

Quando eleggemmo il Segretario il 19 febbraio dissi che il nostro tempo era quello del PD, che avevamo scelto, accettando ognuno di noi a vari livelli alcune responsabilità, di essere attori e protagonisti del cambiamento invece di esserne oggetti e destinatari passivi.

Questa, ne sono convinto, è ancora la nostra forza.
Questa è la carica del Partito Democratico.

Abbiamo davanti a noi una delle occasioni più belle che si possano presentare a chi fa politica: progettare il futuro della propria comunità.

Non sprechiamola.

Grazie.


Andrea Marrucci
Ulignano, 30 giugno 2008



Nessun commento: